14
Ott

La lotta dell'Ue contro riciclaggio e finanziamento del terrorismo

Solo un sistema finanziario dell’Unione europea, solidamente sostenuto da un quadro giuridico armonizzato e da una cooperazione giudiziaria efficace, potrà avvalersi di strumenti adeguati per rispondere alla continua sfida lanciata dai criminali e terroristi mai impreparati a trarre vantaggi illeciti dalle lacune e debolezze dei sistemi normativi nazionali di prevenzione del riciclaggio di denaro sporco. 

L’indagine giornalistica internazionale sulle centrali di riciclaggio di denaro sporco, conosciuta col nome FINcen files, mostra, ancora una volta, il fallimento delle regole antiriciclaggio di fronte alle condotte favoreggiatrici di banche e operatori finanziari che continuino a trarre profitto dal crimine. Tale inchiesta, infatti, ha svelato l’esistenza di migliaia di operazioni finanziarie sospette organizzate da istituti di credito destinate a riciclare proventi illeciti che servono a foraggiare organizzazioni criminali, cartelli del narcotraffico e formazioni terroristiche.

Inoltre, la rimozione di Oman e Isole Cayman dalla lista dei paradisi fiscali, decisa qualche giorno fa da Ecofin, è un altro brutto segnale a dimostrazione che i criteri per la black list non funzionano.

E’ la conferma - ove ve ne fosse ancora bisogno - che la vera forza della criminalità organizzata transnazionale (mafiosa, economico-finanziaria e terroristica) sta fuori dagli stessi gruppi criminali, sta nei nei complici incistati nelle istituzioni politiche e finanziarie, spesso all’ombra di regimi politici compiacenti o corrotti.

Di fronte a questo incremento di attività finanziarie illecite la normativa europea antiriciclaggio non solo non viene implementata o attuata in molti Paesi UE, ma ha anche il difetto e limite d’essere troppo disorganica, frammentata secondo le linee nazionali che porta a un mosaico di regole lasciando sovente scappatoie facilmente sfruttate dai criminali e dai loro complici “esterni”.

Ciò è tanto più grave e inaccettabile nel momento in cui la catastrofe economica indotta dalla pandemia da coronavirus sta aprendo enormi spazi di operatività alle organizzazioni criminali, i cui appetiti sono certamente allettati dall’enorme flusso di denaro che dovrebbe essere erogato dall’Unione nei prossimi mesi, non soltanto per salvaguardare i bilanci delle aziende e i posti di lavoro, ma soprattutto per assicurare uno sviluppo ecosostenibile nei Paesi Membri.

Per combattere il riciclaggio di denaro sporco occorre, quindi, compiere ulteriori e decisivi passi nella direzione di un sistema anti-riciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo integrato dell'UE che sia in grado, tra l’altro, non solo di garantire l'effettiva implementazione e attuazione del quadro legislativo esistente ma anche di realizzare il coordinamento e la vigilanza attraverso un’apposita Agenzia europea antiriciclaggio. Un’autorità comune che migliori l’efficacia della trasmissione delle informazioni finanziarie e consenta l’interconnessione dei registri nazionali centralizzati dei conti bancari permettendo un accesso transfrontaliero rapido del flusso di denaro dei conti bancari. Solo un sistema finanziario dell’Unione europea, solidamente sostenuto da un quadro giuridico armonizzato e da una cooperazione giudiziaria efficace, potrà avvalersi di strumenti adeguati per rispondere alla continua sfida lanciata dai criminali e terroristi mai impreparati a trarre vantaggi illeciti dalle lacune e debolezze dei sistemi normativi nazionali di prevenzione del riciclaggio di denaro sporco.

Se il riciclaggio è l’essenza della criminalità organizzata, è necessaria, in definitiva, una strategia europea unitaria che punti alla disarticolazione delle organizzazioni criminali transnazionali. A questo scopo, lo scorso anno ho proposto - finora inutilmente e nell’indifferenza di tutti i gruppi politici - l’istituzione di una Commissione speciale del Parlamento europeo contro la criminalità organizzata, il terrorismo e la corruzione, sempre più intrecciati tra loro, che sono una crescente minaccia per lo stato di diritto nei Paesi dell’Unione. Mi auguro che nel prossimo futuro maturi la volontà politica ed istituzionale per dare priorità a questo tema, se vogliamo difendere lo stato di diritto e l’economia legale dall’assalto dei poteri criminali.

E’ essenziale capire che non basta attaccare gli ultimi anelli della catena criminale o, peggio, approvare leggi destinate a restare lettera morta per mancanza di adeguati strumenti attuativi, ma occorre raccogliere a viso aperto la sfida di quel livello di criminalità sempre più intrecciato all’alta finanza e ai “comitati d’affari”: gli uni funzionale agli altri nella gestione degli affari e nella concentrazione in pochissime mani della ricchezza e del potere.

Nell’era del globalismo economico, con una politica ridotta a pura amministrazione e incapace di affermare il proprio monopolio e responsabilità della decisione, con una burocrazia autoreferenziale (che considera la vendita di funzioni come normale manifestazione del potere), i mafiosi e i loro concorrenti “esterni” sono destinati a restare il cuore nero dell’economia di mercato.