Il mondo non può vaccinarsi a metà e solo nella aree più ricche e prospere, di conseguenza vanno adottate delle misure, anche a tempo, al fine del “trasferimento volontario di tecnologia e di competenze tecniche versi i Paesi in cui esistono già industrie produttrici di vaccini”: questo, secondo il Parlamento, sarebbe il “modo più importante per scalare e accelerare la produzione globale a lungo termine”
“Sarebbe eticamente inammissibile che il principio della gratuità del vaccino anti-Covid non si applicasse alle popolazioni più povere dei Paesi in via di sviluppo”. Il passaggio della Risoluzione del Parlamento europeo, approvata a Strasburgo lo scorso 9 giugno (355 a favore, 263 contrari e 71 astenuti: la destra italiana ha votato contro, come Forza Italia, o si è astenuta come Lega e Fratelli d’Italia) è la premessa che ha portato alla richiesta di sospensione temporanea del Trattato “TRIPs”, a suo tempo promosso dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, sulla tutela della proprietà intellettuale (i brevetti dei vaccini).
È parso evidente alla maggioranza dell'Aula che, nel pieno di una pandemia dagli aspetti drammatici che il pianeta sta vivendo da oltre un anno, sia anche giusto intervenire con una moratoria dei brevetti proprio al fine di favorire accordi volontari di licenze. Insomma, il mondo non può vaccinarsi a metà e solo nella aree più ricche e prospere, di conseguenza vanno adottate delle misure, anche a tempo, al fine del “trasferimento volontario di tecnologia e di competenze tecniche versi i Paesi in cui esistono già industrie produttrici di vaccini”: questo, secondo il Parlamento, sarebbe il “modo più importante per scalare e accelerare la produzione globale a lungo termine”.
La questione della sospensione dei brevetti è stata sollevata perché la pandemia obbliga a mettere in campo una strategia globale per i vaccini ma anche per la diagnostica e i trattamenti. Il Parlamento europeo si è posto il problema dal punto di vista della sicurezza e dell’eguaglianza. Si tratta di un aspetto che non ha, tuttavia, influenzato più di tanto i leader del G-7 riuniti a Carbis Bay, in Cornovaglia alla fine della settimana. Il comunicato finale del summit si è limitato ad annunciare la donazione di un miliardo di dosi ai paesi meno sviluppati nel corso dell’anno prossimo. Di sospensione di brevetti nemmeno un cenno sebbene le conclusioni dei Sette Grandi sottolineino il fatto che “la pandemia non è sotto controllo da nessuna parte sin quando non sarà sotto controllo in ogni dove”. Infatti i dati parlano chiaro. Sino ad oggi sono state somministrate nel mondo un miliardo e 600 milioni di dosi e ciò ha riguardato, in maniera prevalente, i paesi industrializzati e produttori di vaccini mentre soltanto lo 0,3% delle dosi di vaccino inoculate è stato erogato nei 29 Paesi più poveri dove vive il 9% della popolazione del pianeta.
Cosa si chiede alle istituzioni Ue, come Consiglio e Commissione, per affrontare le difficoltà della produzione? Il Parlamento ha chiesto di “eliminare rapidamente le barriere all’esportazione e a sostituire il proprio meccanismo di autorizzazione all’esportazione con requisiti di trasparenza delle esportazioni”. A due Paesi del G-7, come gli Usa e il Regno Unito, il Parlamento ha chiesto di abolire il divieto di esportazione dei vaccini e delle materie prime necessarie per produrli. Tanto per avere un quadro preciso, la Risoluzione ha ricordato che occorrono 11 miliardi di dosi per vaccinare almeno il 70% della popolazione mondiale ma, sinora, ne è stata prodotta solo una piccola parte. Questo è il nodo cruciale. Che va affrontato con coraggio e senso di solidarietà collettiva. L’Italia, che ha la presidenza del G-20, può svolgere un ruolo fondamentale.