20
Ott

Serve più coraggio per superare la crisi energetica in Europa

La pandemia ci ha insegnato ancora una volta che insieme siamo più forti. Presentandoci uniti al tavolo negoziale con le case farmaceutiche abbiamo ottenuto vaccini a prezzi più bassi rispetto ad altre regioni del mondo e li abbiamo distribuiti tra noi europei in modo equo. Allo stesso modo possiamo fare acquisti comuni di gas.

Qualche sconto sulle bollette non è sufficiente ad affrontare una transizione storica, serve il coraggio politico che hanno avuto i padri fondatori che hanno avviato la costruzione dell'Unione europea proprio dall'energia.

Era il 1951 quando è nata la Ceca, la Comunità del carbone e dell'acciaio. Settant'anni dopo, nel 2021, lo scorso 13 ottobre per l'esattezza, la Commissione europea ha proposto il cosiddetto 'tool box' la cassetta degli attrezzi per far fronte alla crisi energetica e ai rincari delle bollette. 

Le misure più incisive però, quelle che riguardano gli acquisti comuni e lo stoccaggio di gas, sono rimandate a dicembre, appena abbozzate come ipotesi, in attesa di essere bocciate dalla solita ritrosia dei Governi ad andare avanti nel percorso di integrazione. Non è con questa timidezza che siamo riusciti a strappare settant'anni di pace e benessere al caos della Storia.

Sono condivisibili, invece, le diverse proposte da attuare immediatamente per tutelare consumatori e imprese all'impennata dei prezzi dell'energia, soprattutto quelle che prevedono un sostegno di emergenza al reddito dei consumatori in condizioni di povertà energetica, attraverso buoni o pagamenti parziali delle bollette, le proroghe ai pagamenti, le misure per evitare la disconnessione delle utenze, le riduzioni dell'Iva e gli aiuti alle Pmi.

Serve però il coraggio di affrontare i problemi strutturali di un mercato, quello dell'energia, che in Europa è ancora troppo frammentato e non abbastanza interconnesso. Un rapporto sul “Costo della non Europa” commissionato dalla commissione Industria, Ricerca ed Energia di cui sono vicepresidente ha stimato in 464 miliardi di euro i risparmi che si possono ottenere da qui al 2030 se agiamo uniti sul fronte energetico. Una cifra che potrebbe arrivare a 1029 miliardi, cioè il 5,6% del Pil dell'intera Ue entro il 2050.

La pandemia ci ha insegnato ancora una volta che insieme siamo più forti. Presentandoci uniti al tavolo negoziale con le case farmaceutiche abbiamo ottenuto vaccini a prezzi più bassi rispetto ad altre regioni del mondo e li abbiamo distribuiti tra noi europei in modo equo. Allo stesso modo possiamo fare acquisti comuni di gas, riducendo il potere negoziale dei fornitori come la Russia che non esitano a usare la loro posizione per trarne vantaggi geopolitici. 

La Commissione europea prevede che gli aumenti dei prezzi dureranno fino ad aprile, ma la verità che la questione energetica continuerà a essere un tema delicato e importante per molti anni. 

Per questo nel dibattito sull'energia che si è tenuto nella sessione plenaria di inizio ottobre a Strasburgo ho presentato quattro proposte per affrontare il problema energetico alla radice: primo, occorre un coordinamento europeo nello stoccaggio e nella successiva distribuzione, quindi creiamo una riserva strategica europea. Secondo, lo stesso coordinamento deve realizzarsi per gli acquisti di gas. 

Sappiamo che non si tratta di vaccini, ma sappiamo che il principio è lo stesso, cioè rendere l'Europa più forte nella negoziazione nella fase di acquisto con i Paesi fornitori e più dura nei confronti dei loro giochi 'geopolitici'. Tre, se vogliamo differenziare le fonti di approvvigionamento e aumentare la quantità di rinnovabili è cruciale il rapporto con l'Africa: collaborazione su progetti comuni, maggiore interconnessione con quel Continente e sostegno dall'Europa per la transizione energetica dell'Africa del Nord e dell'Africa subsahariana. 

Quarta proposta, liberiamo il campo dell'energia dalla speculazione puramente finanziaria. Mi riferisco all'Ets di cui faremo la riforma. I prezzi delle quote di emissioni di Co2 dovrebbero essere determinati dai meccanismi di mercato tra operatori energetici e industrie che utilizzano quelle quote e non da chi utilizza l'Ets come un gioco azionario al rialzo per profitti facili, impedendo di dare quel segnale di prezzi stabili e a volte crescenti che serve ad accompagnare le imprese verso la transizione energetica e ambientale. Per questo io propongo che l'accesso all'Ets sia escluso agli operatori e ai soggetti puramente finanziari. 


Patrizia Toia