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Feb

I dazi americani e il bivio dell’Europa

La presidenza Trump ci pone davanti ad uno spartiacque: rafforzare l’Europa oggi o condannarla all’irrilevanza domani.

Superamento del diritto di veto, passare da un’Unione monetaria ad una più efficace Unione politica, diversificare i mercati: sono alcune delle scelte strategiche che permetteranno all’Europa di essere all’altezza di competere con nuove e vecchie potenze.

Di fronte alla minaccia dell’arma protezionistica dovremo rispondere insieme, senza esitazioni, per difendere i nostri interessi e quelli di imprese e lavoratori che hanno la sola colpa di saper fare bene. L’Unione europea dispone degli strumenti per farlo, ora è il momento di dimostrare anche la forza politica necessaria per confrontarci con tutti i leader globali.

Il nostro paese rischia di essere uno dei primi a pagare le conseguenze della politica commerciale “America First”: gli Stati Uniti sono infatti la prima destinazione extra-europea, coprendo un quarto dell’export italiano al di fuori dell’Europa, per un valore di 64 miliardi nel 2024, e un surplus di quasi 39.

Ma le conseguenze di una guerra commerciale, non si ripercuoterebbero solo sulle imprese e i paesi che esportano: lo abbiamo già visto durante la prima Presidenza Trump, quando i dazi sui prodotti europeo si sono in gran parte scaricati su famiglie e imprese statunitensi, con un aumento dei prezzi al consumo. E lo stesso scenario può ripetersi già nei prossimi mesi, con l’Università di Yale che stima un aumento dei costi per le famiglie americane di oltre 1.300 dollari all’anno, com conseguenza dei soli dazi annunciati dal Presidente americano contro Cina, Canada e Messico.

In questo scenario, se ogni Stato europeo penserà in modo miope di cavarsela da solo ci si auto-condanna all’irrilevanza. Gli interessi italiani sono infatti gli interessi europei, perché l’impatto dei dazi è indiscriminato: anche se imposti solo in Germania, avrebbero comunque conseguenze pesanti sul sistema produttivo italiano, e viceversa.

Sarebbe interessante capire cosa ne pensi il nostro governo, o ci si dichiara patrioti per poi fare gli interessi di altri, a partire da Trump e dall’amico miliardario Musk?

Stefano Bonaccini