“Più che un successo per il governo italiano, come vanno dicendo da ore, la proposta di una lista di Paesi sicuri diffusa dalla Commissione sembra piuttosto un tentativo di forzare il quadro del diritto europeo per dare man forte a questo o quello Stato membro nelle sue politiche interne. O, ancora peggio, un tentativo di creare un contesto di pressione mediatica e politica sulla Corte di Giustizia dell’Ue in vista della sentenza prevista nelle prossime settimane.
Come ha già chiarito nelle sue conclusioni la settimana scorsa l’avvocatura generale della Corte, perché i Paesi possano essere considerati tali devono avere un regime realmente democratico. Senza atti di persecuzione su base razziale, religiosa, etnica o politica o rischi gravi come tortura, violenze indiscriminate o pena di morte. In tre Paesi indicati dalla Commissione - Bangladesh, Egitto e Tunisia - come emerge anche dagli stessi testi di accompagnamento della proposta - è ancora in vigore la pena di morte, si registrano ancora atti di persecuzione e torture contro minoranze e oppositori nonché limitazioni importanti delle libertà fondamentali.
Difficile pensare che possano essere considerati regimi pienamente democratici, e quindi sicuri.
Forse le destre al governo pensano di far passare questa come una sorta di sospensione del diritto di richiesta d’asilo per chi viene da quei Paesi, ma sanno bene che non è così, che è una narrativa falsa visto che la semplice designazione non è sufficiente a garantire la sicurezza della singola persona che fa richiesta di protezione.
Quello a cui stiamo assistendo, sia da parte della Commissione e di alcuni Paesi membri come l’Italia col caos del modello Albania di cui vediamo gli effetti ogni giorno, ci pare solo l’ennesima forzatura di norme e principi che esistono, sono vincolanti e rappresentano i valori su cui si fonda l’Unione”.
Cecilia Strada, eurodeputata PD