L’Intelligenza Artificiale (IA) è la tecnologia abilitante del nostro secolo ed è destinata a cambiare radicalmente tutti i settori in cui si applica, a partire dal manifatturiero, la sanità, i trasporti, le città intelligenti, l’agricoltura, la finanza, la sicurezza informatica e la gestione del patrimonio culturale.
Si tratta di un potenziale strategico che non è sfuggito ai grandi player globali che hanno mobilitato enormi investimenti per garantirsi la leadership nell’IA. Anche per l’Unione europea si tratta di una priorità. Lo sviluppo dell’IA è una strada obbligata per incrementare la capacità industriale e tecnologica dell’Europa, ma il contesto non è semplice perché la posizione competitiva del Vecchio continente è indebolita dal basso livello di digitalizzazione delle imprese, principalmente Pmi, rispetto a quelle cinesi e statunitensi.
Molti sono gli interessi in gioco e molte le preoccupazioni che la politica deve affrontare in modo responsabile e informato, sia a livello europeo che nazionale. Per questo, in quanto vicepresidente della commissione Industria, Ricerca ed Energia, lo scorso 19 novembre ho promosso una conferenza al Parlamento europeo sull’Intelligenza europea a cui hanno partecipato i vertici del CNR italiano. La prima cosa da chiarire è che l’Intelligenza Artificiale non è appannaggio del solo settore informatico.
Tutto il mondo della ricerca ha un ruolo fondamentale in questo contesto, soprattutto quello della ricerca pubblica che ha come mandato quello di generare conoscenza sostenibile e socialmente accettabile. Per questo tutte le discipline scientifiche devono collaborare nella direzione di un’innovazione e delle rispettive applicazioni che ambiscano a migliorare il benessere dei cittadini e rispettarne i diritti fondamentali. Enti ed istituzioni nazionali ed europei devono lavorare in modo coerente e con l’attenzione all’etica e ai diritti che contraddistingue l’approccio europeo.
Nell’Unione europea l’IA si inserisce all’interno della Strategia Ue per la Digitalizzazione dell’Industria, il programma Digital Europe e nella nuova Strategia di Politica Industriale. Tuttavia la mancata disponibilità di dati, infrastrutture tecnologiche specializzate e di competenze in IA potrebbe dar luogo a nuovi fenomeni di delocalizzazione produttiva verso ecosistemi digitali più attrattivi a livello mondiale.
Per questo la Commissione sta aumentando gli investimenti nell’IA, grazie al programma quadro di ricerca e innovazione Orizzonte 2020, fino a circa 1,5 miliardi di EUR entro la fine del 2020.
Inoltre grazie ai partenariati pubblico privato esistenti (per esempio nella robotica e nei big data), questi fondi stanno mobilitando un importo aggiuntivo di 2,5 miliardi di EUR nel corso dello stesso periodo. L’Italia partecipa pienamente alla gara sull’IA e nei mesi scorsi il Comitato europeo sul calcolo ad alte prestazioni (EuroHPC) ha assegnato a Bologna la sede di uno di questi supercomputer del futuro, un macchina che viaggia verso una potenza di calcolo da un miliardo di miliardi di operazioni al secondo e sarà operativa nel 2021. Si tratta solo di un inizio. Ora è necessario diffondere la consapevolezza che se non vogliamo restare indietro servono più investimenti, una cooperazione approfondita tra Stati membri e Ue e ricerche efficaci in tutti i settori. In gioco non c’è solo la competitività, ma anche la difesa dei valori europei che mettono al centro l’uomo, differente dal primato dell’economia che prevale negli Usa e dall’uso intrusivo dei big data che fa la Cina.