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Mag

Editoriale maggio 2020

Da quando è iniziata la pandemia da Covid-19, il dibattito europeo è stato incentrato su come reagire agli effetti della crisi, tanto sul piano sanitario quanto sul piano economico. Il diffondersi del contagio ha messo alla prova i sistemi sanitari europei e la loro capacità di accogliere tutti coloro che ne avevano bisogno, e le misure adottate per prevenire il diffondersi della malattia hanno causato forti difficoltà al tessuto economico e sociale dei Paesi europei. Le istituzioni comunitarie hanno fatto molto con gli strumenti a disposizione, agendo con molta rapidità rispetto alla passata crisi di qualche anno fa. La Commissione ha bloccato il Patto di Stabilità, modificato le regole sugli aiuti di stato, proposto corposi investimenti per garantire risorse a imprese e famiglie; la BCE ha introdotto un piano di acquisti di titoli di Stato di 750 miliardi, che si aggiunge ai programmi precedenti; il Parlamento Europeo ha sbloccato 37 miliardi di fondi strutturali da destinare all'acquisto di equipaggiamento medico per ospedali e per programmi a sostegno dell'occupazione.

Fra le varie azioni intraprese, la Banca Europea per gli Investimenti ha varato un piano straordinario da 200 miliardi per sostenere le imprese in difficoltà, la Commissione ha creato SURE, uno strumento che fungerà da supporto agli ammortizzatori sociali per sostenere il reddito e tutelare posti di lavoro. Io stesso ho avuto modo di lavorare in prima persona come relatore sulle modifiche urgenti al FEAD, il fondo per i più bisognosi, che avrà un ruolo essenziale nei prossimi mesi e che col voto del Parlamento Europeo diventa più semplice e rapido da utilizzare.

Ma questa crisi ha dimostrato chiaramente che oggi serve un passo avanti nel processo d’integrazione europea. Pensare nuovi strumenti è fondamentale per affrontare le sfide del nostro tempo, anche quelle drammatiche come la pandemia che stiamo vivendo. Un punto di vista legato invece a interessi di brevissimo termine è miope e pericoloso non solo per l’UE come comunità, ma soprattutto per i cittadini europei di ogni Paese.

Per questo, nelle ultime settimane come Partito Democratico abbiamo posto il tema della creazione di un fondo europeo per la ripresa, che aiuti tutti i Paesi dell’Unione a risollevarsi in maniera coordinata ed efficace. Grazie al nostro lavoro e a quello del gruppo dei Socialisti&Democratici, nell’ultima plenaria del Parlamento Europeo abbiamo raggiunto una vittoria importante. Dopo un negoziato complesso, infatti, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che apre alla possibilità di creare i recovery bond, cioè obbligazioni comunitarie garantite dal budget UE. Si è trattato di un voto di straordinaria importanza, perché ha determinato una posizione politica avanzata per il Parlamento Europeo, che ha aperto la strada e facilitato le decisioni del Consiglio Europeo del 23 aprile, dove sono state accolte in larga misura le nostre proposte facendo un grande passo avanti verso la creazione del fondo di ripresa comune.

Ora spetta alla Commissione elaborare in tempi rapidi una proposta, contestualmente alla revisione del Bilancio Pluriennale dell’UE, in modo che entro poche settimane lo strumento entri in funzione.

La rapidità è fondamentale in un momento come questo, per questo è importante che tutte le misure precedenti e quelle nuove siano “messe a terra” in tempi più veloci di quanto abbiamo visto finora, per raggiungere lavoratori, famiglie, imprese e territori.

Come Parlamento Europeo, vigileremo affinché l’insieme del Piano di Ripresa europeo sia ambizioso e permetta di affrontare le conseguenze sociali ed economiche della pandemia da Covid-19 senza venir meno, fra le altre cose, alle priorità stabilite dal Green Deal, spingendo per maggiore giustizia sociale senza abbandonare il lavoro intrapreso nella lotta al cambiamento climatico.