Le elezioni sono il momento più delicato e importante nella vita di una democrazia. La scorsa settimana, il Parlamento europeo ha votato una relazione sull’ultima tornata elettorale. Possiamo trarre diverse conclusioni dalle europee del 2019. Innanzitutto, i cittadini hanno riscoperto un nuovo interesse nell’Unione. Dal ‘79 la partecipazione alle elezioni europee è costantemente calata. L’anno scorso invece il trend si è invertito facendo registrare il più alto tasso di partecipazione in vent’anni anni. Inoltre, l’annunciato sfondamento delle forze euroscettiche non è avvenuto. I cittadini sono andati alle urne perché convinti che il loro voto potesse essere motore di cambiamento. Oggi, in uno dei momenti più difficili della storia del nostro continente, tocca a noi procedere sulla strada che hanno indicato eleggendo una maggioranza progressista: proteggere l’ambiente e creare un’economia al servizio delle persone.
Allo stesso tempo, dobbiamo riaccendere la speranza laddove si è spenta e, allo stesso tempo, rafforzarla in chi ancora crede al sogno federalista. La partecipazione è un buon punto di partenza ma si può fare di più. A oggi le elezioni europee non sono altro che un mosaico dei singoli processi elettorali nazionali.
La creazione di uno spazio politico europeo deve quindi essere la nostra priorità. La Conferenza sul Futuro dell’Europa ci da un’ottima occasione per coinvolgere le cittadine e i cittadini nelle scelte politiche europee.
Ma la creazione di un dibattito politico europeo non risolverà tutti i problemi. È scandaloso ma, ancora oggi, in Europa, il diritto di voto viene troppo spesso negato. Circa 800 mila disabili non hanno potuto votare per problemi di accesso ai seggi. Non sono gli unici: anche ai detenuti che ne hanno diritto e ai senzatetto è stato spesso negato lo stesso diritto. Un altro problema riguarda la rappresentatività. Rispetto alla scorsa legislatura, il numero di deputate è aumentato e la Commissione per la prima volta è guidata da una donna ma la strada per una reale parità è ancora lunga.
Anche le minoranze sono sottorappresentate. Esse rappresentano il 10% della società europea ma solo il 5% dei deputati vi appartiene. Con questa relazione sulle elezioni del 2019 abbiamo guardato al passato ma il compito del Parlamento europeo è progettare il futuro.
I cittadini hanno chiesto di ritrovare la strada che hanno tracciato le madri e i padri fondatori dell’Unione: una casa comune fondata sulla solidarietà e la giustizia.
Per farlo dovremo lavorare anche a livello istituzionale perché, come ricordava Jean Monnet: “Niente è possibile senza gli uomini ma niente dura senza le istituzioni”. Bene allora che la risoluzione di questa settimana avvii un dialogo sulle riforme istituzionali auspicando la creazione di una circoscrizione pan-europea e la trasformazione del Consiglio, organo ove siedono i governi nazionali e anello debole dell’architettura istituzionale europea, in un senato europeo.