Il quadro giuridico in materia di rimpatrio di cittadini di paesi terzi è disciplinato da una direttiva del 2008. L’articolo 19 di questa direttiva prevede l’obbligo per la Commissione di valutarne la sua applicazione ogni tre anni, a partire dal 2013. In realtà tale valutazione ha avuto luogo solo una volta, nel 2014.
Nel 2015 la Commissione ha pubblicato una comunicazione sul Piano di Azione per i rimpatri; nel 2017 una raccomandazione e un manuale per i rimpatri; nel 2018 una proposta di rifusione della direttiva senza effettuare alcuna valutazione di impatto. La Commissione LIBE nel 2018 ha incaricato il Servizio Ricerca del Parlamento europeo (EPRS) di fornire una valutazione d'impatto sostitutiva sulla rifusione proposta. Lo studio analizza la situazione in 10 Stati membri - Belgio, Bulgaria, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Polonia, Paesi Bassi, Svezia - e si focalizza su quelli che sono i due principali obiettivi della direttiva rimpatri:
l’efficacia dei rimpatri
il rispetto dei diritti fondamentali.
La proposta di relazione del Parlamento riprende in buona sostanza le raccomandazioni dello studio di EPRS e possiamo ritenerci soddisfatti del risultato finale.
In particolare emerge la raccomandazione che l’efficacia della direttiva rimpatri non va misurata esclusivamente in base al tasso di rimpatrio ma anche facendo riferimento all'attuazione delle garanzie dei diritti fondamentali, al rispetto delle garanzie procedurali e all'efficacia dei rimpatri volontari - che restano pur sempre l’opzione prioritaria.
Il testo raccomanda ulteriori garanzie procedurali in merito alle decisioni di rimpatrio, di divieto d'ingresso e di allontanamento chiedendo in particolare che tutte le informazioni siano fornite in una lingua comprensibile per la persona interessata.
Inoltre si ricorda infatti che il trattenimento deve rimanere una misura di ultima istanza, deve essere ragionevole e proporzionata e deve durare il più breve tempo possibile. È stato infatti dimostrato che un trattenimento più lungo non aumenta automaticamente le possibilità di rimpatrio ed è generalmente più costoso rispetto alle alternative. Poiché sono pochi gli stati membri che adottato alternative pratiche al trattenimento, si chiede agli stessi di relazionare in merito alle misure adottate in alternativa al trattenimento.
Al riguardo dei minori, si ricorda che questi non dovrebbero mai essere detenuti per motivi connessi all'immigrazione e il trattenimento non può mai essere giustificato come misura adottata nell'interesse superiore del minore. Un’altra disposizione prevede che i minori non accompagnati non debbano essere rimpatriati, a meno che non sia possibile dimostrare che detto rimpatrio sia nel loro interesse. In ogni caso i minori dovrebbero essere informati con modalità consone alla loro età e in una lingua comprensibile in merito ai loro diritti e alle possibilità di ricorso di cui dispongono.
Infine, si esorta la Commissione a garantire l'istituzione di un meccanismo di monitoraggio successivo al rimpatrio per conoscere la sorte delle persone rimpatriate, ove possibile sul piano giuridico e pratico, prestando particolare attenzione ai gruppi vulnerabili, tra cui i minori non accompagnati e le famiglie.
Testo approvato con 512 voti favorevoli.