Di fronte ad una sfida epocale e di enormi dimensioni l’Europa ha reagito con misure e strumenti inediti, mettendo in campo una risposta economica che (se bene utilizzata) può non soltanto contenere le drammatiche conseguenze economiche e sociali della pandemia, ma anche tracciare una prospettiva diversa per le nuove generazioni, con il percorso per una crescita sostenibile per l’ambiente e socialmente giusta.
Per rendere ciò possibile lo sforzo politico e gli strumenti messi in campo sono condizione indispensabile ma non sufficiente, devono essere infatti combinati con uno slancio ed un’attenzione fortissima alla coesione sociale, ai soggetti più vulnerabili e, nel suo complesso, alla dimensione dei diritti. Con la ripresa l’Unione Europea deve infatti dimostrare di essere una vera comunità di valori. In questo senso è particolarmente significativo che, grazie alla grande insistenza del Parlamento e nonostante le resistenze di Polonia e Ungheria, si sia riusciti a legare tutta la prossima programmazione finanziaria dell’UE al meccanismo di condizionalità che consente di sospendere i fondi europei di fronte a violazioni dello stato di diritto da parte di Stati membri.
Quando vengono meno i valori fondamentali dell’UE, come la libertà, la democrazia, l’uguaglianza e il rispetto dei diritti umani e i diritti delle minoranze, ma anche in caso di frode o corruzione, sarà possibile sanzionare bloccando tutti i fondi UE ai governi responsabili delle violazioni (non ai beneficiari finali: studenti, ricercatori, aziende e ONG non saranno ovviamente colpiti).
Non può esserci ripresa senza coesione sociale e non può esserci ripresa senza stato di diritto.
Ma questa difesa dei valori non può e non deve riguardare solo i nostri confini, il tema dei diritti umani deve contraddistinguere l’Europa anche nelle sue relazioni diplomatiche.
Lo abbiamo ribadito la scorsa settimana in una ambiziosa risoluzione sul deterioramento dei diritti umani in Egitto, esprimendo una condanna dura della repressione che è in atto in quel paese dove più di 60 mila persone sono oggi detenute per motivi politici, in un clima di sistematica repressione di ogni forma di dissenso.
In un contesto del genere guardare alla dimensione dei diritti e al rispetto dei nostri valori deve portarci a rivedere le relazioni diplomatiche, sospendere la vendita di armi e applicare sanzioni per gli artefici di gravi violenze.
Con fermezza chiediamo quindi la scarcerazione immediata di Patrick Zaki e di tutti coloro che come lui si trovano oggi ingiustamente in carcere per le loro opinioni, ma anche di non fermare la ricerca della verità per Giulio Regeni, come un dovere per le istituzioni nazionali ed europee.