È difficile trovare una nota positiva in tutto quello che ci è successo negli ultimi mesi. Se vogliamo, però, possiamo almeno trarre un insegnamento: mai come oggi capiamo quanto sia importante un servizio sanitario efficace, universale, accessibile a tutti e di qualità.
Purtroppo, nel corso degli anni, la sanità è stata trattata spesso come un serbatoio da cui attingere risorse, una voce di spesa che poteva essere tagliata anno dopo anno senza particolari problemi. Ben prima della crisi Covid, era chiaro che questi tagli avevano decisamente ridotto il diritto alla cura e l’accesso alle terapie, riducendo così la tutela della salute degli italiani. Con una popolazione che invecchia e che ha sempre più bisogno di assistenza, serve che da subito si inverta la tendenza.
La carenza di personale, sia medici che infermieri, è un problema urgente: si stima che entro il 2022 andranno in pensione 20mila medici che mancheranno al Sistema sanitario nazionale. Serve un intervento straordinario di assunzioni e una revisione del sistema complessivo, per dare la possibilità ai giovani medici di specializzarsi, così da ridare una prospettiva di crescita al nostro sistema sanitario e invertire l’esodo di massa dei medici formati in Italia che vanno a lavorare all’estero.
Per fare tutto questo servono risorse e il Piano Next Generation EU offre immense opportunità. Dai fondi del Recovery Fund potremo trovare le risorse per ammodernare il servizio. Pensiamo alle opportunità che abbiamo grazie all’assistenza di prossimità e alla telemedicina, oppure al bisogno di cure domiciliari che potrebbero alleggerire il peso sui nostri ospedali.
Dal passato si possono prendere degli spunti, per esempio il ruolo guida che una volta svolgeva il medico di famiglia, ma serve anche reinventare la sanità del futuro in cui gli ospedali dovrebbero diventare dei centri di eccellenza altamente specializzati, costantemente in interazione con la ricerca e l’innovazione, le tecnologie, mentre le cure e l’assistenza di base, la tutela della sanità pubblica dovrebbero essere responsabilità di una sanità territoriale e locale da ricostruire insieme alle reti dei medici di base, alle asl e i poliambulatori territoriali, alle regioni ed enti locali. In questo senso, quindi, serve un ripensamento strutturale della spesa sanitaria che deve essere concepita come un investimento. Sulla salute delle persone, ma di riflesso anche sulla salute del Paese.
Un Paese che sta bene, che si prende cura dei propri cittadini, è un Paese che ha le basi per crescere, prosperare, svilupparsi. Salute pubblica e sviluppo economico sono uniti insieme, non esiste uno senza l’altro.