Ora è necessario che a livello italiano tutti i livelli dell’amministrazione nazionale siano a conoscenza delle impostazioni del programma europeo per la ricerca in modo da affiancare le iniziative nazionali a quelle europee mantenendone gli obiettivi strategici. E’ questo il mondo per ottenere il massimo dai fondi europei e per agganciare il mondo della ricerca italiana a quello europeo e mondiale.
Con l’accordo sul bilancio comunitario per i prossimi sette anni e il Recovery Fund a questo collegato l’Europa e l’Italia possono ripartire guardando al futuro con fiducia. Il via libera al bilancio è particolarmente importante perché da questo dipendono i fondi Ue per la ricerca e l’innovazione, la capacità dell’Unione europea di mantenere una leadership significativa su questi temi e di dare anche una direzione politica a ricerca, innovazione e digitale.
In particolare, come vicepresidente della commissione Industria, Ricerca ed Energia, sono soddisfatta per l’aumento dei fondi del programma Horizon Europe, il grande programma dell’Ue per la ricerca e per l’innovazione tecnologica. Certo si tratta di un accordo lontano dalle richieste iniziali del Parlamento europeo e da quello che servirebbe in un momento in cui tutto il pianeta si sta rendendo conto che dalla ricerca e dalla scienza dipende la propria sopravvivenza e la propria qualità della vita. Tuttavia Horizon Europe riceve in più, rispetto alla proposta del Consiglio, ben 4 miliardi, tra i 16 aggiuntivi ottenuti con l’accordo sul bilancio negoziato dal Parlamento. Il budget totale del programma arriva quindi a 80 miliardi, contro i 70 dei sette anni precedenti e a questi va aggiunto anche un ulteriore sostegno da Next Generation Eu. Cifre molto diverse dalla proposta iniziale della Commissione europea, che voleva allocare 100 miliardi di euro per la ricerca e dalla richiesta del Parlamento europeo che voleva arrivare fino a 120. Siamo comunque riusciti a ottenere un aumento del budget sostanziale rispetto al programma precedente.
In Horizon Europe ci sono molte novità, in particolare ne segnalo una che raccoglie le proposte e i frutti del lavoro svolto a Bruxelles come eurodeputati. Ci siamo infatti battuti affinché nei fondi alla ricerca per sostenere l’innovazione e il suo trasferimento nelle realtà produttive e dei servizi, oltre a mantenere alto il finanziamento per la ricerca pura, indispensabile per mantenere un tessuto fertile e ricco grazie alla libertà di ricerca e alla libera intraprendenza degli scienziati. Abbiamo comunque assicurato all’ERC(European Research Council) un budget cospicuo. La linea che ho sostenuto e che alla fine ha avuto successo è stata quella di non limitare il nostri sostegno all’innovazione cosiddetta “disruptive”, ma che fosse presa adeguatamente in considerazione anche l’innovazione incrementale, quella che parte delle imprese che vogliono restare competitive innovando e continuando a migliorare i processi produttivi, i prodotti, i materiali e ad allargare i mercati di riferimento. Questa parte è un sostegno fondamentale per le piccole e medie imprese e per l’economia italiana, ma si tratta anche della premessa fondamentale per creare un tessuto industriale ed economico predisposto all’innovazione delle grandi rivoluzioni tecnologiche.
Ora è necessario che a livello italiano tutta l’amministrazione e i soggetti interessati del mondo della ricerca e dell’impresa, oltre che del credito, siano a conoscenza delle impostazioni e delle opportunità del programma europeo per la ricerca in modo da affiancare le iniziative nazionali a quelle europee, mantenendone gli obiettivi strategici e ampliandone la portata anche con azioni complementari. Sull’innovazione tecnologica si giocherà la ripresa del nostro apparato produttivo, ma anche la possibilità di raggiungere i target della transizione ambientale, perché senza nuove tecnologie ambientali non potremo arrivare ad essere un continente decarbonizzato al 2050. A questo proposito si sente molto parlare di Centri per l’innovazione e senz’altro si dovrà andare in direzione, à ma con una accortezza: più che creare troppe nuove realtà disseminate per il Paese sarà meglio mettere in rete le esperienze che già ci sono. E’ questo il modo per ottenere il massimo dai fondi europei e per agganciare il mondo della ricerca italiana a quello europeo e mondiale.
Infine è necessario che anche a livello italiano ci sia piena consapevolezza della sfida rappresentata dalla trasformazione digitale e di tutte le sue implicazioni giuridiche, economiche e tecnologiche, ma anche etiche. Dobbiamo essere in grado mettere a frutto le innovazioni tecnologiche del digitale per restare competitivi e difendere in nostri livelli di benessere ma anche per plasmare il mondo del futuro sulla base dei nostri valori europei attenti al sociale e ai diritti. Su intelligenza artificiale, big data, cybersicurezza, privacy, commercio elettronico, internet delle cose e supercalcolo si tratta di garantire uno sviluppo che rispetti i diritti delle persone. Nei prossimi mesi e anni l’Italia sarà chiamata fare la sua parte con l’attuazione del Recovery Plan per contribuire a un’Europa protagonista della trasformazione digitale e dell’innovazione.