23
Feb

La nostra testimonianza sul disastro umanitario dei rifugiati in Bosnia

Chiudere gli occhi non si può più. E non si può più tacere sulle complicità dei governi dell’Unione che nulla fanno per porre fine ad una situazione insostenibile che peraltro contribuiscono a creare. La nostra missione ha urtato la suscettibilità del governo di Zagabria. Infatti, la polizia bene istruita, ci ha impedito di andare a verificare, sul confine tra Croazia e Bosnia Erzegovina, con quali metodi si impedisce il transito dei migranti. 

La nostra visita (Brando Benifei, Alessandra Moretti, Pierfrancesco Majorino e il sottoscritto) in Croazia e Bosnia ha fatto molto rumore. Perché abbiamo colto nel segno. Abbiamo svolto la nostra attività ispettiva da parlamentari europei e svelato dei nervi scoperti nelle politiche migratorie di alcuni Paesi dell’Unione. Noi siamo partiti per i campi di Bosnia per andare a vedere ed avere conferma di un disastro umanitario in corso. La conferma c’è stata. Tutta. Una conferma della disumanità che, a due passi da casa nostra, nel cuore dell’Unione, si pratica senza pudore o alcuna vergogna. Abbiamo visto nel campo di Lipa un trattamento di migliaia di persone che definire intollerabile è riduttivo.

Le immagini, foto e video, che da settimane testimoniano quella condizione, non rendono assolutamente lo stato in cui vivono queste persone, se non lo si verifica di presenza. 

Ecco, questa indegna politica nei confronti di chi cerca, disperatamente, una vita appena civile, deve terminare. 

Chiudere gli occhi non si può più. E non si può più tacere sulle complicità dei governi dell’Unione che nulla fanno per porre fine ad una situazione insostenibile che peraltro contribuiscono a creare.

La nostra missione ha urtato la suscettibilità del governo di Zagabria. Infatti, la polizia bene istruita, ci ha impedito di andare a verificare, sul confine tra Croazia e Bosnia Erzegovina, con quali metodi si impedisce il transito dei migranti. 

In poche parole: c’è più di un sospetto che si attui un respingimento illegale di persone che hanno diritto di presentare la domanda di asilo. Questa pratica riguarda la Croazia ma tocca anche – è doveroso dirlo – il nostro Paese perché la cosiddetta “rotta balcanica” si traduce in una triangolazione Italia-Croazia-Bosnia dove c’è il trionfo del respingimento, vietato da tutte le norme internazionale e, ovviamente, dall’Unione europea. I respingimenti sono spesso accompagnati da un uso di violenza efferata come testimoniato da numerosi migranti.

E se non ci fossero sul campo alcune organizzazioni non governative che si fanno carico di alleviare le sofferenze di migliaia di persone, la situazione sarebbe ancora peggiore, ammesso che si possa aumentare il dolore e la sofferenza.

Il nostro compito e la nostra testimonianza adesso faranno parte di iniziative su molti fronti per fare in modo che qualcosa cambi concretamente. Innanzitutto c’è il lavoro legislativo, appena iniziato, che consiste nel modificare le proposte contenute nel Patto sulla migrazione, presentato lo scorso settembre dalla Commissione europea. L’esame del percorso legislativo del Patto dovrà essere rigoroso e subire dei cambiamenti a cominciare dalla eliminazione dello spirito di ostilità che contiene. 

La politica della migrazione deve cambiare filosofia. 

Prima di tutto l’accoglienza e la solidarietà, che sono principi fondamentali dell’Unione. E poi mettere in atto una politica dei corridoi umanitari e dei canali regolari che sono le uniche che garantiscono ingressi in sicurezza, regolamentati e soprattutto dar vita a regole di ricollocamento dei migranti superando le norme di Dublino. Non c’è altra strada. L’idea di Europa fortezza va eliminato per sempre.