Serve una politica industriale lungimirante a livello europeo ed italiano per rafforzare le filiere, garantire l'autosufficienza e la leadership nel settore farmaceutico e serve una politica forte che sappia mettere al centro gli esseri umani e il loro diritto alle cure salvavita, convincendo le aziende a condividere gli obiettivi.
Non risolveremo la questione della scarsità dei vaccini disponibili accettando passivamente i tempi e le scelte aziendali delle multinazionali, ma non li risolveremo neanche facendo la guerra ai profitti e ai diritti sulla proprietà intellettuale. Serve una politica industriale lungimirante a livello europeo ed italiano per rafforzare le filiere, garantire l'autosufficienza e la leadership nel settore farmaceutico e serve una politica forte che sappia mettere al centro gli esseri umani e il loro diritto alle cure salvavita, convincendo le aziende a condividere gli obiettivi.
Per questo da mesi chiedo alle istituzioni europee, anche con interrogazioni alla Commissione europea, di valutare la possibilità offerta dalla giurisdizione in vigore sulla proprietà intellettuale di imporre delle licenze obbligatorie, per permettere ad altre aziende di produrre i vaccini anche senza essere in possesso dei brevetti, ma pagando comunque dei compensi e delle royalties a quelle aziende che, avendo investito tanto in ricerca, ora hanno i brevetti e che giustamente ne hanno la proprietà intellettuale . Non si tratta di fare degli espropri, che finirebbero per convincere le multinazionali farmaceutiche a investire fuori dall'Europa. Al contrario si tratta di accelerare al massimo la produzione dei vaccini che attualmente le aziende in possesso dei brevetti non riescono a garantire, soprattutto in un'ottica di vaccinazione di massa e nella prospettiva di assicurare anche ai paesi del mondo a basso reddito una possibilità di vaccinazione E' nell'interesse di tutti e sono convinta che, di fronte a una politica forte e determinata a difendere il diritto alle cure salvavita dei cittadini, saranno le aziende a fare degli accordi volontari con gli stabilimenti in grado di produrre i loro vaccini.
Ad oggi infatti l'ostacolo principale alla rapida diffusione dei vaccini non sono i brevetti, quanto la debolezza dell'apparato industriale europeo che dovrebbe produrli. Non c'è dubbio che nei mesi scorsi c'è stata una sottovalutazione da parte della Commissione di fronte a una situazione che non ha precedenti, lo ha ammesso anche la presidente Ursula von der Leyen, alla quale dobbiamo per altro riconoscere il merito dell’impulso alla ricerca e la scelta di fare Accordi di acquisto comuni per tutti i paesi dell'UE. Oggi però accogliamo con favore l'iniziativa del commissario al Mercato interno, Thierry Breton, che ha creato una task force che in questi giorni sta contattando tutte le capitali per capire quali sono i siti industriali sul territorio europeo che potrebbero essere riconvertiti per produrre vaccini. E' una notizia positiva soprattutto per l'Italia che così avrebbe la possibilità di colmare le proprie lacune nell'apparato industriale farmaceutico, pur essendo tra i primi nel settore in Europa. Questa non è una soluzione nel breve termine, visto che ci vogliono almeno sei-sette mesi per adeguare gli stabilimenti italiani, ma è una politica necessaria nel medio e lungo periodo dove quello farmaceutico resterà un settore chiave e dove l'Europa deve raggiungere nell'arco di massimo 24 mesi la propria autosufficienza.
La pandemia ha mostrato tutte le nostre debolezze europee, ma ha anche messo in evidenza i nostri punti di forza. Sono europei gli scienziati che hanno messo a punto i vaccini in solo nove mesi, quando normalmente ci vogliono dai cinque a dieci anni. Ed è europea la ricerca che ha portato alla tecnica dell'mRna. Siamo leader nella scienza, ma ora dobbiamo riconquistare la nostra leadership anche nella produzione industriale, garantendo la salute dei nostri cittadini e dei cittadini di quei Paesi che non hanno i mezzi per comprare e produrre i vaccini.