22
Mar

Editoriale di Brando Benifei, Marzo 2021

L'Europa con cui stiamo affrontando le difficoltà di questa pandemia non è l'Europa che avremmo voluto e che chiediamo da anni.

E' l'Europa rallentata dai sovranismi e dagli egoismi nazionali che nonostante il crescendo di allarmi influenzali degli ultimi vent'anni hanno ostinatamente mantenuto la sanità come materia nazionale, per poi accorgersi solo all'ultimo momento che i virus non conoscono frontiere e concedere un mandato a metà alla Commissione per affrontare il problema. Troppo poco, troppo tardi. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti, anche se senza questo tardivo mandato all'esecutivo comunitario per acquistare i vaccini la situazione ora sarebbe molto peggiore.

Certamente sono stati fatti degli errori, ammessi dalla stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen e dal vicepresidente Frans Timmermans. Ma a un'analisi attenta è evidente gli errori sono condivisi con i Governi e che non giustificano il comportamento scorretto di alcune case farmaceutiche produttrici di vaccini, che hanno sistematicamente e irresponsabilmente disatteso gli impegni stipulati con l'Unione europea. Delle responsabilità, quelle delle aziende, troppo spesso omesse dalle destre quando si limitano a criticare l'Unione europea.

Ora l'Ue deve importi e sapersi far rispettare. Misure dure come il blocco delle esportazioni in questa fase estremamente critica sono un passo nella giusta direzione. C'è bisogno però di più Europa per competere sullo scenario mondiale e la corsa ai vaccini ha dimostrato questa necessità in maniera lampante.

E' arrivato il momento di mettere da parte le polemiche, che troppo spesso sono un tentativo maldestro di scaricare su Bruxelles gli errori delle capitali, e fare tesoro di quanto è avvenuto della pandemia per rilanciare il progetto europeo, ripensandone gli obiettivi strategici e rivalutando gli strumenti a disposizione dell'Ue per affrontare le sfide presenti e future e concentrandosi sul rafforzamento del piano vaccinale nazionale e sulla rapida messa in atto del Recovery Plan, che rischia di essere seppellito dalla polemiche recenti, ma rappresenta la risposta europea alla crisi pandemica. Si tratta di due passaggi essenziali per permettere all'economia di ripartire e per produrre uno slancio in avanti del progetto europeo.

L'unico modo per farlo è attraverso un processo ampio e democratico di coinvolgimento dei cittadini, della società civile e delle parti sociali in un confronto con le istituzioni europee e nazionali. Per questo è una buona notizia che nella sessione plenaria di marzo del Parlamento europeo i rappresentanti delle tre istituzioni Ue, David Sassoli, Ursula von der Leyen e Antonio Costa, abbiano messo la firma che dà il via ufficialmente alla Conferenza sul Futuro dell'Europa.

Il testo della Dichiarazione Congiunta garantisce una base solida per avviare i lavori, grazie all'impegno del Presidente Sassoli che ha difeso con forza le priorità del Parlamento Europeo durante i negoziati con gli Stati Membri. Porteremo all’interno della Conferenza le istanze del Partito Democratico: una riforma dei Trattati per un'Europa più sociale e sostenibile, un'Europa dei diritti, più vicina ai bisogni dei cittadini e più forte sullo scenario mondiale.