L'Unione europea dei sovranismi, degli egoismi nazionali, dei veti incrociati e dei summit che durano ore per non decidere niente non basta più. Chi su questo coltivava ancora qualche dubbio si è dovuto ricredere dopo il vertice di fine maggio. I leader europei sono arrivati a Bruxelles con i dossier più scottanti aggiunti all'ultimo: la questione migratoria, affrontata su insistenza dell'Italia, e il dirottamento del volo Rynair da parte delle forze bielorusse. Il risultato è che di fronte alle immagini scioccanti dei cadaveri dei bambini abbandonati per giorni sulle spiagge libiche i leader hanno deciso ancora una volta di non decidere: questione rimandata al prossimo Consiglio europeo.
I veri passi avanti sulla questione sono usciti dalla colazione di lavoro tra il premier Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron e dalla volontà dei Paesi europei che affacciano sul Mediterraneo di prendere l'iniziativa senza attendere il consenso di tutti. Non sarebbe la prima volta che nella storia dell'Unione europea si procede con cooperazioni rafforzate o iniziative di alcuni Stati membri, a cui man mano si aggiungono gli altri.
Quello che è sicuro è che sulla questione migratoria l'UE si gioca la credibilità dei propri valori e anche la sua tenuta politica. Nascondersi dietro i veti dei Paesi dell'Est non è più possibile. Come non è più possibile continuare con un'Unione europea afona in politica estera. L'UE è “un gigante economico, un nano politico e un verme militare”, aveva detto nel 1991 il Ministro degli Esteri belga, Mark Eyskens. Dopo più di trent'anni dalla fine della guerra fredda questa formula non è più sostenibile, dobbiamo pretendere di più.
La questione era già riemersa nei giorni scorsi quando il veto dell'Ungheria aveva impedito all'UE perfino di fare una semplice dichiarazione congiunta sul conflitto israelopalestinese. Con il dirottamento del volo Ryanair da parte del MiG bielorusso è stata decisamente oltrepassata la soglia di guardia. Un paradosso se si confronta il peso economico dell'UE con quello della Bielorussia o anche con quello della stessa Russia, la cui economia non starebbe in piedi senza l'interscambio con il Mercato unico europeo. Bene hanno fatto i leader europei a varare nuove sanzioni contro Minsk, anche se di fronte a eventi di tale portata serve una determinazione politica molto maggiore. Inutile prendersela col singolo leader che blocca il dossier di turno, sia Orban o Rutte. Il problema è che l'UE ha urgentemente bisogno di adattare le proprie istituzioni e le proprie regole, nate in epoche che oggi sembrano preistoriche, alle sfide del presente. Per questo la Conferenza sul futuro dell'Europa che si è aperta lo scorso 9 maggio deve portare a risultati ambiziosi e non predeterminati e per questo come Parlamento europeo continueremo a tenere la barra dritta su tutti i dossier, dal rispetto dei diritti umani nell'UE e nel mondo alla necessità di riformare la politica migratoria.