Dopo un anno di risposte frammentarie da parte dei governi nazionali e di sofferenza per la libera circolazione, abbiamo finalmente la possibilità di ristabilire un principio cardine dell’Ue. Non si tratta solo di garantire gli spostamenti dei cittadini nel territorio dell’UE, ma di risollevare i settori che più sono stati colpiti dalla crisi dovuta alla pandemia
È finalmente arrivata la decisione che potrà salvare la stagione turistica. Al termine di un intenso negoziato, infatti, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno finalmente raggiunto un accordo sul “Certificato Covid Digitale dell’Ue”, nome alternativo al Digital Green Pass. L’accordo provvisorio, giunto appena in tempo per l'apertura della stagione estiva, dovrà essere approvato nel corso della plenaria di giugno.
Dopo un anno di risposte frammentarie da parte dei governi nazionali e di sofferenza per la libera circolazione, abbiamo finalmente la possibilità di ristabilire un principio cardine dell’UE. Non si tratta solo di garantire gli spostamenti dei cittadini nel territorio dell’UE, ma di risollevare i settori che più sono stati colpiti dalla crisi dovuta alla pandemia.
Il “Certificato Covid digitale dell'UE” entrerà in vigore ufficialmente entro il primo luglio 2021 per un periodo limitato (pari a 12 mesi), al termine dei quali decadrà automaticamente. Una condizione che il Parlamento ha posto fin dal principio, perché non possono tollerarsi limiti pendenti sulle libertà fondamentali a tempo indeterminato.
Il piano prevede di utilizzare dei pass - sotto forma di un codice QR in formato cartaceo o digitale - per certificare che i viaggiatori sono stati vaccinati o testati, o hanno anticorpi da una precedente infezione. Nel dettaglio, un certificato potrà ritenersi valido con una vaccinazione (anche alla prima dose), un test PCR effettuato entro 72 ore o un test antigenico effettuato entro 24 ore, oppure con un test sierologico che provi la presenza di anticorpi, effettuato entro sei mesi.
Non mancano punti critici: l'accordo permette un periodo di transizione di sei settimane, durante il quale i paesi potranno ancora emettere i propri certificati e permane la possibilità in capo agli Stati membri di richiudere le frontiere, sferrando l’ennesimo colpo a Schengen. Spero che la discrezionalità lasciata agli Stati Membri venga usata con ragionevolezza, perché l’Europa non può più permettersi di arroccarsi dietro ai nazionalismi.
Il Parlamento ha compiuto ogni sforzo per migliorare la proposta presentata dalla Commissione, puntando sulla necessità di garantire la protezione dei dati personali e sulla gratuità dei test. Tuttavia, mentre la protezione dei dati personali, conformemente al GDPR, è stata garantita, la proposta di gratuità dei test Covid-19 non ha trovato l’avvallo degli stati membri. È un punto cruciale: l’Unione Europea non può permettere discriminazioni tra chi può permettersi il test e chi no. Ma non tutto è perduto, perché grazie all’insistenza del Parlamento europeo la Commissione si è impegnata a stanziare 100 milioni di euro in più per l’accessibilità dei test, prevedendo la possibilità di mobilitare ulteriori finanziamenti.
Sebbene l’accordo non rispecchi completamente la proposta del Parlamento, si tratta di una svolta essenziale per agevolare gli spostamenti dei cittadini nel territorio dell’UE e salvare la stagione turistica. Ora non ci resta che mettere in pratica questo sistema e dobbiamo farlo insieme.