20
Ott

Editoriale di Brando Benifei, Ottobre 2021

Ottobre è stato un mese molto intenso per l’agenda dei lavori dell’UE, con due sessioni plenarie in cui l'Assemblea di Strasburgo ha dovuto difendere la civiltà europea dei diritti non solo nel campo delle nuove tecnologie, ma anche dalla voglia di costruire nuovi muri per fermare l'immigrazione e dall'attacco sovranista allo Stato di diritto sferrato dal governo polacco con l'applauso dei sovranisti di casa nostra Salvini e Meloni.  

Il Parlamento ha approvato in questo mese diversi testi decisivi, ha avviato un ricorso alla Commissione affinché agisca contro la Polonia e, ha approvato una Relazione sull'uso dell'intelligenza artificiale nel diritto penale.

Non c'è posto in Europa per la sorveglianza biometrica di massa. È questo il messaggio che gli eurodeputati hanno voluto mandare a Commissione e Consiglio, con un’importantissima relazione approvata con 377 voti a favore, 248 contrari e 62 astenuti, mettendo in chiaro che la lotta al crimine non può avvenire a scapito dei diritti fondamentali dei cittadini. 

Si tratta di un importantissimo contributo alla proposta di legge sull'Intelligenza Artificiale, di cui ho l'onore di essere relatore, che si accinge a diventare uno standard mondiale, così come è stato per la normativa sulla privacy. In che tipo di mondo vivremo domani viene deciso in queste ore nel confronto tra due visioni contrapposte della società: chi pensa che la priorità vada data all'innovazione tecnologica e alla competitività a tutti i costi e chi, come il mio gruppo politico, vuole plasmare un approccio europeo al digitale e all'intelligenza artificiale incentrato sulla persona, sui diritti, sulla protezione dei consumatori e dei più vulnerabili. 

Questo, siamo convinti, è anche il miglior modo per favorire innovazione e competitività, perché è inutile creare sofisticati apparecchi basati sull'intelligenza artificiale, se poi le persone hanno paura di metterli in casa, o di usarli in campo sanitario, perché non hanno alcuna garanzia sull'uso che ne verrà fatto.

L'identificazione per mezzo di dati biometrici in luoghi accessibili al pubblico rischia, infatti, di determinare gravi abusi sul diritto alla vita privata e su altri principi alla base dei nostri sistemi democratici. Allo stesso modo, tecniche predittive per l'attività di contrasto portano con sé un gravissimo rischio di discriminazione, oltre alla mancanza di evidenze sulla loro accuratezza, minando una delle basi dei nostri ordinamenti democratici: la presunzione di innocenza. 

Questi sistemi, a maggior ragione, non possono sottostare a una mera autovalutazione di conformità prima di essere immessi sul mercato, come proposto sulla prima bozza del Regolamento presentata dalla Commissione. Una autovalutazione espone, infatti, a rischi inaccettabili di errori e violazioni che sarebbero scoperte solo in seguito dalle autorità di vigilanza, se ne avranno i mezzi per farlo, e ciò si verificherebbe a danni avvenuti, anche irreparabili per le vite delle persone. 

Nell'Unione abbiamo già oggi le leggi più avanzate al mondo per la protezione dei dati personali. Si tratta di un modello studiato in tutto il mondo, non possiamo permetterci di arretrare neanche di un millimetro da questa impostazione quando ci troviamo a regolamentare l'intelligenza artificiale.


Brando Benifei