I Paesi dove il salario minimo è definito per legge (ad esempio in Francia, in Belgio, ma anche in Germania a partire dal 2015) dovranno creare le condizioni affinché i salari minimi siano fissati a livelli adeguati. I Paesi dove è la contrattazione collettiva a definire il salario (sono 6: Danimarca, Svezia, Finlandia, Austria, Italia e Cipro) non sono obbligati a seguire la direttiva se i contratti collettivi coprono almeno il 80% dei lavoratori.
Dopo mesi di lavoro, la plenaria del Parlamento europeo ha stabilito la propria posizione negoziale con il Consiglio sulla direttiva sul salario minimo. È un momento storico per l’Europa sociale, per la prima volta l’Unione si impone sui mercati del lavoro dei Paesi membri per armonizzare le condizioni lavorative. Era davvero necessario, prima di tutto a causa della povertà lavorativa: in Europa 1 lavoratore su 10 è a rischio povertà e il lavoro non è più un deterrente contro l’indigenza. Ma anche per il dumping sociale: il costo del lavoro più basso in alcuni Paesi spinge le imprese a delocalizzare la produzione, creando una corsa al ribasso sui diritti dei lavoratori.
Il testo che abbiamo votato in Parlamento interviene su più canali, per rispettare le differenze tra i sistemi nazionali di definizione del salario minimo: i Paesi dove il salario minimo è definito per legge (ad esempio in Francia, in Belgio, ma anche in Germania a partire dal 2015) dovranno creare le condizioni affinché i salari minimi siano fissati a livelli adeguati. I Paesi dove è la contrattazione collettiva a definire il salario (sono 6: Danimarca, Svezia, Finlandia, Austria, Italia e Cipro) non sono obbligati a seguire la direttiva se i contratti collettivi coprono almeno il 80% dei lavoratori. Ciononostante, tutti i Paesi membri devono incentivare l’adesione alle parti sociali da parte di imprese e lavoratori. Questo perché i paesi con un'elevata copertura della contrattazione collettiva tendono ad avere una quota inferiore di lavoratori a basso salario, minori disparità salariali e salari minimi più elevati. Infine, chiediamo che i sindacati siano coinvolti nell’attuazione dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza.
Il testo emendato è stato approvato dalla commissione lavoro, anche se c’era una forte resistenza da parte dei Paesi nordici. Questi Paesi incarnano un sistema unico e particolare, in cui i diritti e le istanze frutto della contrattazione collettiva sono applicati ai lavoratori che sono iscritti al sindacato. Si oppongono quindi a qualunque testo che vada anche solo potenzialmente a scombinare tale assetto. Perciò durante la scorsa plenaria abbiamo votato per confermare se il testo uscito dalla commissione lavoro sarebbe potuto andare direttamente al passaggio successivo della procedura legislativa, o se la plenaria del parlamento europeo avrebbe dovuto emendarlo ulteriormente. Abbiamo vinto questo voto importante, che permette ai relatori del Parlamento di andare a negoziare da una posizione di forza il testo finale con il Consiglio.
Elisabetta Gualmini