L’allargamento è stato essenziale anche per la difesa dei Paesi del nucleo originario della CEE. Ha segnato, pur tra non pochi ostacoli, la definitiva chiusura della guerra fredda. Ciò che oggi accade a Kiev, sarebbe impensabile a Praga o Budapest. Potremmo dire lo stesso se non avessimo avuto in quel tempo, quel coraggio?
La caparbia resistenza ucraina non può essere un alibi né per le nostre coscienze né per attendere inermi che gli eventi superino le nostre capacità di reazione. Per noi europei il nodo, di fondo, resta la nostra politica estera e di difesa comune. Le crisi di questi ultimi anni, fino all’ultima pandemica, ce l’hanno insegnato con nettezza: distinguere l’emergenza e la prospettiva sarebbe errore fatale. Il corso della storia impone scosse per necessità alle architetture istituzionali, alle previsioni economiche, alla natura stessa del processo d’integrazione europeo. Chi credeva che questo potesse avere un’evoluzione lineare, dovrà ravvedersi: l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea è all’ordine del giorno, nell’urgenza quanto nella prospettiva.
Nonostante la natura frammentata del conflitto globale - dai vecchi strumenti di propaganda e di disinformazione a quelli che corrono lungo le fibre del mondo e le vie commerciali - le risposte che devono giungere dovranno essere più unitarie che mai: dall’alleanza sempre più strutturale tra gli Stati membri dell’Ue e le nazioni libere del mondo all’urgenza di dotare, questa alleanza, di strumenti flessibili in base alle necessità di difesa e di sostegno ai Paesi aggrediti. Le sanzioni comminate alla Russia in maniera graduale ma crescente ne sono un esempio chiaro. Isolare la Russia non è un modo come un altro per evitare l’impegno diretto nel conflitto, ma è il primo e significativo atto per riaffermare i principi giuridici che regolano le relazioni tra nazioni. Non è da intendersi come una politica di contenimento: in un’economia che vive solo grazie alle connessioni globali, è piuttosto uno dei possibili campi di conflitto esecutivo, un’azione di manifesta e non ordinaria ostilità. Significativa, ma non sufficiente, come fin troppo presto abbiamo avuto prova e come ha sottolineato, tra i primi, il nostro segretario Enrico Letta. Nelle prossime ore il sostegno militare effettivo, con armamenti, mezzi, risorse, condivisione di informazioni di intelligence sarà essenziale per la resistenza ucraina e per ridurre le pretese di potenza globale di Putin.
È fuor di dubbio che l’avvio della procedura di adesione dell’Ucraina nell’UE sarà a pieno titolo parte del conflitto e della sua possibile soluzione. Dobbiamo tutti definitivamente ricrederci, l’allargamento è stato essenziale anche per la difesa dei Paesi del nucleo originario della CEE. Ha segnato, pur tra non pochi ostacoli, la definitiva chiusura della guerra fredda. Ciò che oggi accade a Kiev, sarebbe impensabile a Praga o Budapest. Potremmo dire lo stesso se non avessimo avuto in quel tempo, quel coraggio?
Le condizioni purtroppo sono assai diverse e l’adesione dell’Ucraina sarebbe, di fatto, il definitivo trattato di politica estera e difesa comune. La richiesta di un popolo libero, vicino e amico che resiste fieramente ad un’aggressione militare di un autarca, che ha perso il controllo anche dei propri folli disegni egemonici, non può essere disattesa. Non può restare nella pila di richieste che attendono l’avvio dell’istruttoria.
Pina Picierno