A quattro anni da una prima risoluzione con cui il Parlamento europeo aveva già avviato nei confronti dell’Ungheria la procedura di cui all’articolo 7 del Trattato dell’Unione Europea, abbiamo voluto richiamare l’attenzione della Commissione e del Consiglio europeo sulla necessità di intervenire in modo immediato e concreto per ristabilire i diritti e i valori fondanti dell’Unione in quel Paese.
La settimana scorsa il Parlamento Europeo riunito in plenaria a Strasburgo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione con cui afferma che l’Ungheria non può più essere considerata pienamente una democrazia, ma che è diventata piuttosto una “autocrazia elettorale”.
A quattro anni da una prima risoluzione con cui il Parlamento europeo aveva già avviato nei confronti dell’Ungheria la procedura di cui all’articolo 7 del Trattato dell’Unione Europea, abbiamo voluto richiamare l’attenzione della Commissione e del Consiglio europeo sulla necessità di intervenire in modo immediato e concreto per ristabilire i diritti e i valori fondanti dell’Unione in quel Paese. Il documento è stato adottato con 433 voti favorevoli, 123 contrari e 28 astenuti.
Il centrodestra, com'era immaginabile, si è spaccato: i popolari, tra cui i deputati di Forza Italia, hanno per lo più votato a favore. Mentre i gruppi di Id e Ecr (tra cui Lega e Fratelli d’Italia), hanno votato contro. Il documento approvato ha un'importanza fondamentale. Non riguarda solo la situazione drammatica in cui vivono milioni di cittadini ungheresi vittima del regime autocratico di Orbán.
Un regime che mina nel profondo le istituzioni e finisce inevitabilmente per pregiudicare i diritti e le libertà fondamentali di tutti i cittadini europei. Sì, perché queste violazioni si ripercuotono sugli altri Stati membri, sulla loro fiducia reciproca e minano la stessa tenuta dell'Unione. Le contestazioni sono tantissime e interessano vari ambiti: dal funzionamento dell'ordinamento costituzionale e del sistema elettorale all'indipendenza della magistratura.
Dalla privacy alla libertà d'espressione (compreso il pluralismo dei media). Dalla libertà accademica a quella di religione e associazione. Le politiche di Orbán rappresentano un grave rischio anche per i diritti delle persone LGBTQ, delle minoranze, dei migranti, dei richiedenti asilo e dei profughi e per i diritti economici e sociali.
La risoluzione invita, tra l'altro, la Commissione “ad astenersi dall'approvazione” del piano per l'erogazione dei fondi del Recovery per l'Ungheria “fino a quando questa non avrà pienamente rispettato tutte le raccomandazioni specifiche” in materia di Stato di diritto e finché “non avrà eseguito tutte le sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo” che il documento elenca in premessa.
Il Parlamento sottolinea inoltre che “l'Unione dovrebbe difendere con uguale determinazione tutti i valori sanciti dall’articolo 2 del Trattato dell'Unione Europea“. E poi aggiunge chiaramente che qualsiasi ulteriore ritardo nell’agire per proteggere i valori fondanti dell'UE in Ungheria, equivarrebbe a una violazione del principio dello stato di diritto da parte del Consiglio stesso.
Pietro Bartolo