07
Feb

Migliorare l'efficienza degli edifici crea sviluppo sostenibile

Non è una patrimoniale, non c'è nessun divieto di vendita o affitto e soprattutto l'Unione europea non ci impone nulla. L'Italia ha scelto democraticamente, e con governi di diverso colore, di sottoscrivere l'impegno alla neutralità climatica al 2050, obiettivo irraggiungibile senza l'efficientamento degli edifici, così come ha sottoscritto in Consiglio, con l'attuale governo Meloni lo scorso 25 ottobre, un accordo sulla direttiva

Avere case più efficienti dal punto di vista energetico e finanziamenti europei e nazionali per migliorare il nostro patrimonio immobiliare è interesse di tutti e soprattutto di chi fa fatica a pagare le bollette. Per questo la direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia è una buona occasione per l'Italia e l'Europa per mobilitare finanziamenti e creare sviluppo sostenibile, a patto di calibrare bene gli interventi e la flessibilità delle capitali nazionali e assicurare le necessarie risorse finanziarie.

Al contrario, la strada della guerra ideologica ai fantomatici “diktat dell'Ue”, che sembra aver imboccato gran parte del centrodestra, è destinata a fallire e a toglierci la flessibilità che stiamo cercando di negoziare a Bruxelles.

Da sempre il centrodestra cerca di raccogliere consenso scommettendo sull'immobilismo e sulla paura del cambiamento. Dalla battaglia contro gli standard dell'Ue sulla qualità dell'aria, a quella contro i target sulle energie rinnovabili fino alla guerra alla moneta unica, gli esempi non mancano. 

Tutte battaglie perse, per fortuna degli italiani che oggi grazie all'Ue hanno un'aria più respirabile, bollette meno care anche senza gas russo, una crescita della produttività e un'economia che ha resistito a molte crisi.

La tentazione del populismo però è troppo forte per resistervi, soprattutto quando si tratta di un argomento caro e vicino agli italiani come la casa.

Per questo è necessario mettere qualche puntino sulle i.

Non è una patrimoniale, non c'è nessun divieto di vendita o affitto e soprattutto l'Unione europea non ci impone nulla. L'Italia ha scelto democraticamente, e con governi di diverso colore, di sottoscrivere l'impegno alla neutralità climatica al 2050, obiettivo irraggiungibile senza l'efficientamento degli edifici, così come ha sottoscritto in Consiglio, con l'attuale governo Meloni lo scorso 25 ottobre, un accordo sulla direttiva. 

Ora tocca al Parlamento esaminare la proposta e il voto è previsto in commissione Industria per il 9 febbraio.

Una volta che il Parlamento avrà definito la propria posizione cominceranno le negoziazioni tra le tre istituzioni per definire un testo concordato della Direttiva.

Il contenuto della direttiva indica gli obiettivi da raggiungere, in termini di classi energetiche (da G a A), da parte degli edifici entro il 2030 e il 2033.

Come si può capire dalla nota allegata (consultabile a questo link https://bit.ly/notaepbd), sia il Consiglio (testo già adottato) che il Parlamento (testo ancora in discussione) hanno ipotizzato livelli di prestazione energetica per gli edifici residenziali più ambiziosi di quanto proposto dalla Commissione (cioè classe D anziché E al 2033).

Addirittura il relatore dei Verdi in Parlamento partiva da posizioni più ambiziose, cioè classe D al 2030, classe C al 2033, né prevedeva alcun tipo di deroga, anzi restringeva quelle proposte dalla Commissione europea.

Noi l'abbiamo invece indirizzata in altro modo e anch'io, in quanto vicepresidente della commissione Industria, Ricerca ed Energia al Parlamento europeo, ho dato il mio contributo a rendere il testo più misurato e per garantire agli Stati Membri più flessibilità nei tempi. 

Ad oggi si è arrivati a un accordo parziale per quanto attiene alle prestazioni energetiche e in più c'è il contenuto di un mio emendamento che introduce il principio, prima assente, di concedere agli Stati membri la possibilità di prorogare le date di cui tanto si discute per motivi di fattibilità economica e tecnica nonché per la mancanza di forza lavoro qualificata sufficiente.

In secondo luogo, poi, è scorretto cercare di terrorizzare gli italiani paventando costi mostruosi di ristrutturazioni, basati su stime di parte, senza spiegare che quegli stessi costi che non si vorrebbero pagare nei prossimi anni saranno comunque sostenuti dalle famiglie per pagare le bollette più salate di edifici inefficienti.

La maggior parte degli interventi di efficientamento, infatti, soprattutto quelli sugli edifici più inefficienti oggetto della direttiva, si ripagano nel giro di alcuni anni grazie ai risparmi sulle bollette.

Fare efficienza, quindi, non è un obbligo negativo o un'azione vessatoria, ma un vantaggio, un’opportunità e, oggi, una necessità. È un risparmio di energia, un risparmio sul costo delle bollette ed è anche un importante volano di riqualificazione urbanistica, di nuovi posti di lavoro e di spinta all'industria del settore.

È chiaro che l’efficientamento prevede un investimento iniziale, che non tutti possono permettersi e per questo la proposta di Direttiva stabilisce che:

- gli Stati membri predispongano finanziamenti, misure di sostegno e altri strumenti consoni per affrontare le barriere di mercato e stimolare gli investimenti necessari nelle ristrutturazioni energetiche;

- gli Stati membri adottino misure normative consone per rimuovere gli ostacoli di natura non economica alla ristrutturazione degli edifici. 

Per quanto riguarda gli edifici con più di un'unità immobiliare, tali misure possono includere l'eliminazione dei requisiti dell'unanimità nelle strutture di comproprietà o la possibilità per le strutture di comproprietà di beneficiare direttamente del sostegno finanziario.

Discuteremo ancora, ma dobbiamo essere sicuri che il testo sarà una tappa utile per ridurre l'uso dell'energia, per pagare meno in futuro sulle nostre bollette e per incentivare il lavoro e le tecnologie più avanzate.


Patrizia Toia