26
Giu

Il patto sulle migrazioni

Non è sicuramente questo il modo di gestire il fenomeno migratorio. Le politiche di deterrenza, le politiche di rimpatrio indiscriminate, l’esternalizzazione delle frontiere, la criminalizzazione dell’attività di ricerca e soccorso non fanno altro che negare un principio fondamentale riconosciuto dalle convenzioni internazionali, dalle normative europee nonché dalla nostra Costituzione: il diritto di chiedere asilo. 

Mentre scrivo mi giunge notizia dal molo Favaloro di Lampedusa che un barchino è affondato durante la notte, proprio di fronte alle nostre coste. Questa volta la conta dei dispersi si "limita" a tre. Sono pochissime le testate giornalistiche che ne danno notizie ma la cosa non mi sorprende più di tanto, in fondo poco meno di due settimane fa la stessa sorte è toccata ad un’imbarcazione con oltre 700 persone a bordo. Pochissimi i sopravvissuti. Si parla della più grande tragedia del Mediterraneo. Ma se ne parla e basta.

Ci saranno sicuramente delle indagini dirette ad attribuire le responsabilità anche se, il nostro esecutivo europeo ha già individuato nella figura dei trafficanti il principale capro espiatorio. Sono loro, in buona sostanza, che mettendo queste persone in mare non le mandano verso l’Europa bensì verso la morte. Il traffico di esseri umani resta ancora una piaga che va contrastata in tutte le sue forme, ma fintantoché non si prende coscienza della necessità di affrontare il fenomeno migratorio come un fenomeno strutturale da gestire e non contrastare, ci saranno sempre cadaveri da contare o dispersi in mare da dimenticare.

Il Parlamento europeo ha lavorato oltre due anni alla definizione di una posizione contenuta all’interno del nuovo Patto sulle Migrazioni che, pur non essendo perfetta nel suo insieme, riesce quanto meno a conciliare i principi di responsabilità e di solidarietà. 

Siamo riusciti ad introdurre il principio di ricollocazione obbligatoria dei beneficiari e titolari di protezione internazionale per una quota pari all'80% degli impegni, in particolare a favore degli Stati membri che registrano livelli ricorrenti di arrivi via mare a seguito di operazioni di ricerca e salvataggio. Siamo riusciti ad allargare la definizione di famiglia e legame familiare anche al fine di rendere più semplici i trasferimenti e quindi alleggerire il peso del paese di primo ingresso. Siamo riusciti a contenere le misure nei paesi terzi e limitarle solo ad interventi strutturali a beneficio soprattutto dei migranti. 

Senza troppe sorprese, il Consiglio dei ministri degli Affari interni, lo scorso 8 giugno ha licenziato un testo che riflette quella che da sempre è l’avversione degli Stati membri verso le politiche di ricollocazione che sono rimpiazzate da altre misure restrittive: i rimpatri e la cooperazione con i Paesi terzi non solo al fine di contenere i flussi migratori ma anche allo scopo di facilitare i rimpatri e le riammissioni.

Il sistema di solidarietà che il Consiglio propone e definisce obbligatorie, in realtà è “a la carte” poiché le misure di solidarietà adottate con un atto di esecuzione del Consiglio stesso, sono considerate di uguale valore. 

Nel senso che si lascia libero lo stato membro di decidere se contribuire con ricollocazione, cooperazione con i paesi terzi, accrescimenti delle capacità, contributi finanziari, misure alternative di solidarietà. La proposta del Consiglio prevede un tetto di 30 mila ricollocamenti l’anno o contributo finanziario pari a 20 mila euro a migrante. Non solo. Dai loro testi risultano ridursi ancora di più gli standard di protezione in quanto si prevedono dei tempi di detenzione in centri chiusi predisposto nelle zone di frontiera, e ancora più grave, la possibilità di rinviare le persone in Paesi giudicati sicuri ma che in realtà non lo sono affatto. 

Non è sicuramente questo il modo di gestire il fenomeno migratorio. Le politiche di deterrenza, le politiche di rimpatrio indiscriminate, l’esternalizzazione delle frontiere, la criminalizzazione dell’attività di ricerca e soccorso non fanno altro che negare un principio fondamentale riconosciuto dalle convenzioni internazionali, dalle normative europee nonché dalla nostra Costituzione: il diritto di chiedere asilo. 

Le morti in mare sono anche il frutto di politiche miopi che hanno portato l’Europa ad affrontare questo fenomeno sempre nella sua logica emergenziale. Fintantoché non usciremo da questa logica e inizieremo ad investire in politiche di gestione delle migrazioni non solo dettate da spirito umanitario ma anche da considerazioni socio-economiche, continueremo a leggere, magari in quinta pagina dei giornali, di stragi nel Mediterraneo.


Pietro Bartolo