La “rivoluzione copernicana” dell'Unione europea sull'immigrazione, che secondo la premier Giorgia Meloni sarebbe stato imposta dal governo italiano, è una bufala. Sono anni che l'Unione europea è impegnata nella dimensione esterna della questione migratoria con finanziamenti, cooperazione allo sviluppo, accordi su rimpatri e regolazione dei flussi migratori con i Paesi del nostro vicinato.
Una politica che ha oscillato tra il lavoro strutturato delle istituzioni europee, da un lato attento al rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale grazie all’impegno quotidiano del Parlamento Europeo, e dall’altro con i pessimi accordi frettolosi imposti da qualche governo per arginare l'emergenza del momento e subappaltare la gestione delle frontiere esterne all'autocrate di turno.
Rientra in quest'ultima categoria l'accordo siglato quest'estate tra Ue e Tunisia, un Paese che mette in prigione gli oppositori e perseguita i migranti provenienti dal sud del Sahara.
Questo accordo preoccupa per la forma, perché l'esperienza libica dovrebbe averci insegnato come accordi bilaterali di questo tipo siano drammaticamente fallimentari. E preoccupa per la sostanza perché è l'ennesimo tentativo inutile di esternalizzare il controllo delle frontiere europee con grandi rischi per i diritti umani.
Il risultato, sotto gli occhi di tutti, è stato di portarci a un fallimentare aumento degli sbarchi irregolari, con l'autocrate di Tunisi pronto a usare questa arma di ricatto per sgombrare il campo da qualsiasi condizionalità chiesta dall'Europa in cambio dei finanziamenti promessi.
Inoltre è gravissimo che il governo tunisino abbia negato l'ingresso nel Paese a una delegazione di eurodeputati della commissione Affari esteri. Non si possono firmare accordi e memorandum - che noi, a ragione, abbiamo contestato sin dall’inizio - e poi vietare l'ingresso ai rappresentanti dell'Unione Europea.
La delegazione avrebbe dovuto incontrare membri della società civile, sindacati, ed esponenti della maggioranza ma ovviamente anche dell'opposizione politica al presidente Kais Saied.
Deve essere l'Unione europea a dettare le condizioni ai Paesi terzi con cui stipula accordi sulla gestione dei flussi migratori e la prima condizione deve essere il rispetto dei diritti umani.
L'Ue ha il peso politico, economico e commerciale per farsi sentire, a patto di agire in modo unito e determinato.
Ma affinché l'Europa sia unita nella gestione della dimensione esterna dei flussi migratori è anche necessario che la questione sia pienamente europeizzata anche nella dimensione interna. Lo prevede il Patto per le Migrazioni e l'Asilo, i cui negoziati sono resi difficili, se non impossibili, dai veti dei governi sovranisti di Polonia e Ungheria, alleati di Meloni e Salvini.
Serve mettere davvero alle strette chi blocca l’Europa perché senza una profonda revisione delle regole di Dublino l'Italia rimane sola, a prescindere dai vaghi proclami di von der Leyen a Lampedusa.
Insomma, la vera “rivoluzione copernicana” della Meloni non è nell'aver imposto all'Unione Europea una dimensione esterna che già esisteva, ma nell'aver rinunciato alla dimensione interna, all’impegno per l’accoglienza diffusa e per dare le risorse necessarie ai comuni.
Senza agire su questi fronti non esiste politica migratoria nè italiana nè europea.
Brando Benifei