Esiste un'Europa dei diritti, che guarda al futuro e vuole andare avanti nel processo di integrazione ed esiste l'altra Europa, quella della destra del nulla di fatto, delle polemiche sterili, del sovranismo di bandiera fine a se stesso, dei veti ostentati e poi ritirati, che guarda al passato e vuole restare ferma mentre il mondo corre.
Mai come nella settimana dell'ultima sessione plenaria dell'anno questa differenza è stata così plasticamente evidente. Una settimana che ha coinciso con il summit dell'Ue che ha avviato i negoziati di adesione con l'Ucraina e in Italia con i due eventi paralleli, quello della maggioranza di governo e quello “L'Europa che vogliamo” del Pd.
Al Parlamento europeo abbiamo chiuso l'anno portando a compimento due dossier importanti: intelligenza artificiale e rider. In quanto co-relatore dell'Ai Act ho partecipato all'ultima maratona negoziale di 36 ore, il cosiddetto Trilogo tra Parlamento, Consiglio e Commissione, per concludere l'iter legislativo della prima normativa al mondo omnicomprensiva sull'Intelligenza artificiale, che introduce un modello di sviluppo dell'AI centrato sulla difesa dei diritti fondamentali, della creatività e del lavoro, lasciando la porta aperta all'innovazione. Si tratta del risultato di un lungo impegno con cui abbiamo garantito la tutela dai rischi nei contesti sensibili come i luoghi di lavoro, i tribunali, gli ospedali, la riconoscibilità dei contenuti creati con l'intelligenza artificiale, con una sorta di “filigrana digitale” obbligatoria qualunque sia il social network o il sistema di messaggistica utilizzato, oltre all'obbligo di trasparenza sul copyright, per tutelare artisti, autori e giornalisti. Sono molto soddisfatto che alla fine il testo della normativa sia molto vicino alla proposte del Parlamento europeo e molto lontano dai desideri di sorveglianza biometrica della nostra maggioranza di governo.
Nella stessa settimana è arrivata in porto anche la normativa sui lavoratori delle piattaforme, i rider delle consegne a domicilio, su cui ha lavorato ottimamente la nostra collega Elisabetta Gualmini. Un testo che combatte lo sfruttamento moderno contrastando il fenomeno dei falsi autonomi e obbligando alla trasparenza degli algoritmi. Viste le ambiguità della destra su questo tema, l'essere riusciti ad approvare una normativa simile è un grande successo dei Socialisti e Democratici.
Sempre nella plenaria di dicembre abbiamo approvato il Certificato europeo di filiazione, con cui diamo finalmente certezze a tutte le famiglie, qualunque esse siano, perché se un figlio viene riconosciuto da uno Stato membro, ora sarà automaticamente riconosciuto anche dagli altri Paesi. La destra si è opposta e non ci stupisce, ma con questo provvedimento difendiamo le famiglie da chi vorrebbe distruggerle. Ora serve il via libera del Consiglio: l'opposizione da parte dei governi dei Paesi UE sarebbe uno schiaffo in faccia ai diritti di molti bambini e bambine che non possono essere trattati come persone indegne del riconoscimento ad esistere.
Tre esempi che, insieme alla richiesta di riforma dei Trattati europei, approvata nella plenaria di novembre senza il voto della destra italiana, illustrano con i fatti qual è “l'Europa che vogliamo” di cui abbiamo discusso nell'evento del Pd a Roma.
Negli stessi giorni abbiamo assistito ai proclami della destra, che oltre a opporsi a qualsiasi cosa di buono faccia il Parlamento, ha dimostrato al summit Ue tutta la sua inconcludenza. Orban, l'alleato della Meloni, ha sbandierato il veto sul negoziato di adesione dell'Ucraina, per poi uscire dalla stanza per permetterne l'approvazione. Ha messo il veto sugli aiuti a Kiev, che saranno approvati comunque a febbraio, a 27 o a 26. E attendiamo di capire come finirà col Patto di Stabilità.
Una vera e propria "commedia shakespeariana" dei sovranisti: tanto rumore per nulla.
Ma forse dovremmo parlare di "teatro dell'assurdo", se si pensa che l'ospite d'onore della kermesse della destra era Elon Musk.
Il miliardario proprietario della più grande compagnia di vetture elettriche; padre di una bambina nata da maternità surrogata e sostenitore della legalizzazione totale delle droghe leggere e di alcune droghe pesanti, per fermare l'epidemia di overdose da oppioidi negli Stati Uniti. Non esattamente in linea con i valori della "Compagnia teatrale" del governo Meloni.
Ci sarebbe da sorridere se non fosse che nel mondo globalizzato e attraversato da mille crisi l'Europa non può permettersi la paralisi di una Meloni che vorrebbe entrare a far parte del mainstream europeo ma non sa come spiegarlo ai suoi elettori senza subire la concorrenza elettorale di Salvini. Ora è il momento di accelerare, a partire dalla riforma dei trattati su cui dovranno iniziare a discutere anche i governi dell'Ue a partire dall'anno prossimo.
Brando Benifei