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Mar

Alla fine abbiamo vinto noi: più tutele per rider e lavoratori delle piattaforme

L'accordo raggiunto ha una portata storica, per due motivi fondamentali: da un lato l’Unione afferma che non è accettabile fare business eludendo la normativa sulle tutele sociali e rifiuta la concorrenza giocata al ribasso sulle stesse, dall'altro per la prima volta a livello globale viene introdotta una regolamentazione dei sistemi automatizzati (algoritmi, intelligenze artificiali) utilizzati nel mondo del lavoro.

Lo scorso 11 marzo il Consiglio Affari sociali ha dato il via libera al testo dell'accordo uscito dal trilogo (il negoziato tra Consiglio e Parlamento europeo) per la direttiva sul lavoro da piattaforma digitale. Il negoziato è stato lungo e non sempre facile, soprattutto in ragione della fortissima attività di lobbying svolta dalle grandi piattaforme digitali, contrarie alla regolamentazione del modello di business.

Per due volte il testo negoziato dai colegislatori è stato bloccato dagli Stati membri, fino al clamoroso ripensamento di due di coloro che si erano opposti (Estonia e Grecia) che hanno lasciato soli e senza più potere di bloccare l'adozione del file, Francia e Germania. 

L'accordo raggiunto ha una portata storica, per due motivi fondamentali: da un lato l’Unione afferma che non è accettabile fare business eludendo la normativa sulle tutele sociali e rifiuta la concorrenza giocata al ribasso sulle stesse, dall'altro per la prima volta a livello globale viene introdotta una regolamentazione dei sistemi automatizzati (algoritmi, intelligenze artificiali) utilizzati nel mondo del lavoro.

Secondo le stime della Commissione del dicembre 2021 i lavoratori oggetto della direttiva in Europa sarebbero stati intorno ai 30 milioni (5,5 milioni dei quali falsi autonomi), con la previsione di diventare 43 milioni nel 2025. Si tratta oggi di ciclofattorini, autisti, ma anche lavoratori delle pulizie e professionisti della cura. Se passiamo alla tipologia di lavoro on-line, traduttori, consulenti di qualsiasi tipo, o coloro che lavorano per microtasks assegnate online. Domani, ogni tipo di lavoro che possa essere intermediato da una piattaforma potrebbe potenzialmente ricadere in questa fattispecie.

Grazie all'impulso costante del Commissario socialista Nicolas Schmit, oltre che al mio lavoro come relatrice del Parlamento dei socialisti e democratici, il testo dell'accordo prevede oggi un capitolo, su cui si è trattato fino alla fine, sulla correzione dei falsi autonomi, tramite un meccanismo di presunzione di vincolo di subordinazione le cui coordinate sono sì demandate agli Stati nazionali, ma nella salvaguardia del principio di effettività, di facilitazione per colui che chiede che venga valutato il suo status occupazionale e dell'inserimento, in caso di disaccordo, dell'inversione dell'onere della prova (non sarà più in carico al lavoratore dimostrare di essere dipendente, ma la piattaforma dovrà provare il contrario). 

Segue poi la parte più innovativa e caratterizzante del provvedimento, quello sulla regolazione dell'algoritmo utilizzato nel mondo del lavoro: questo dovrà essere trasparente e quindi il suo funzionamento reso noto a lavoratori (indipendentemente dal loro status occupazionale) e loro rappresentati. 

Questo aspetto è particolarmente significativo perché implica che i meccanismi dell'algoritmo che hanno effetto sulle condizioni di lavoro diventino poi – come è giusto che sia, e come per ogni altro elemento che concorra a determinare le condizioni lavorative – oggetto di contrattazione collettiva. Inoltre, il testo inserisce norme più stringenti sulla protezione dei dati (impedendo anche in modo categorico alle piattaforme di utilizzare gli account per “spiare” stati emotivi e di salute, opinioni e credenze e di predire la volontà dei lavoratori di organizzarsi collettivamente), obbliga alla supervisione umana e la possibilità di rettifica delle scelte degli algoritmi e vieta che questi ultimi possano assumere decisioni come il licenziamento o la sospensione dell’account. 

Ancora, la direttiva obbligherà le piattaforme a denunciare tanto il lavoro dipendente quanto il lavoro autonomo che passa attraverso di loro, con chiare implicazioni anche per l'adempimento degli obblighi fiscali di questi che sono spesso giganti multinazionali.

In conclusione l'accordo raggiunto, che ora attende la ratifica ufficiale da parte dei due colegislatori, costituisce senza dubbio una grande vittoria europea, di quell’Europa che protegge i suoi lavoratori, il proprio modello sociale e la propria economia, ma assicura anche a coloro che fanno business in modo corretto una concorrenza giusta, senza che sia possibile ricorrere a scappatoie frutto della combinazione tra nuove tecnologie e vuoto regolamentare.

Elisabetta Gualmini