Questa normativa aiuterà anche l'industria italiana, composta soprattutto da aziende di alta qualità, a difendersi e a farsi riconoscere dai consumatori rispetto alla concorrenza estera, che spesso non investe altrettanto sulla qualità
Un'economia di prodotti usa e getta che spreca materie prime e produce montagne di rifiuti non ha più senso, né dal punto di vista ambientale né da quello economico.
I consumatori hanno diritto di sapere e di scegliere se comprare ad esempio un prodotto di un'azienda italiana di moda di alta qualità o un capo di abbigliamento della cosiddetta “fast fashion” che costa poco ma è da buttare dopo il primo lavaggio.
Che vada ripensato l'intero funzionamento dell'economia lo abbiamo detto e pensato tante volte, ma questa volta l'abbiamo fatto davvero. Con l'approvazione del regolamento Ecodesign, lo scorso 23 aprile a Strasburgo, a cui ho lavorato personalmente, cambierà radicalmente il modo di operare dell'industria in tantissimi settori.
Il regolamento è stato adottato dalla plenaria con 455 voti favorevoli, 99 contrari e 54 astensioni e dopo il via libera finale del Consiglio entrerà in vigore già quest'estate. I prodotti che saranno progressivamente immessi sul mercato europeo dovranno essere progettati fin dall'inizio per considerarne l'intero ciclo di vita, in modo da rispettare l'ambiente, l'ecosistema e proteggere la salute dei consumatori. Inoltre, si permetterà ai consumatori di risparmiare energia e soldi, dando la possibilità di riparare i prodotti che acquistano anziché doverli gettare.
Per garantire la trasparenza e la libertà di scelta viene introdotto il “passaporto digitale” di ogni prodotto. Un codice identificativo che conterrà informazioni sui requisiti di prestazione, tracciabilità e conformità.
Tutto accessibile ai consumatori tramite un portale web pubblico. Per incentivare il riciclaggio, gli operatori economici dovranno dichiarare ogni anno le quantità di prodotti scartati e le ragioni della loro distruzione. La norma vieta espressamente la distruzione degli indumenti, degli accessori di abbigliamento e delle calzature invenduti, due anni dopo l'entrata in vigore della legge.
In futuro la Commissione potrà aggiungere ulteriori categorie all'elenco dei prodotti invenduti che non possono essere distrutti. Inoltre per proteggere i consumatori contro le sostanze pericolose presenti nei prodotti si introducono misure per limitarne la presenza e si dà la possibilità di affrontare la questione delle microplastiche e microfibre nei futuri atti delegati della Commissione.
Sono convinta, infine, che questa normativa aiuterà anche l'industria italiana, composta soprattutto da aziende di alta qualità, a difendersi e a farsi riconoscere dai consumatori rispetto alla concorrenza estera, che spesso non investe altrettanto su questo valore. Inoltre il passaporto digitale può essere un primo passo per imporre in futuro una tracciabilità anche sulla sostenibilità sociale, oltre che ambientale, dei prodotti: si tratta di una battaglia che dovremo portare avanti nella prossima legislatura.
Alessandra Moretti