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Nuovo patto di stabilità più complesso di quello precedente: è stata persa un'occasione storica

È stata persa un’occasione storica e rischiamo di pagare un prezzo molto alto nei prossimi anni in termini di crescita e competitività. Andavano individuati quindi nuovi ed efficaci strumenti per evitare che le priorità dell'UE su ambiente, sociale e digitale non restino solo sulla carta ma si trasformino in realtà.

La scorsa plenaria ha dato il suo voto finale sulla riforma della governance macroeconomica europea. Si è trattato dell’ultima tappa di un processo iniziato nel 2020 e che si è concretizzato nell’aprile dello scorso anno con la presentazione da parte della Commissione di un pacchetto di tre proposte legislative. 

Tale pacchetto conteneva importanti elementi di originalità e semplificazione del quadro vigente, che - se adottati - avrebbero consentito di superare molte delle criticità del vecchio Patto di Stabilità. Oltre a prevedere un orizzonte temporale di programmazione pluriannuale, le proposte della Commissione superavano infatti l’approccio standardizzato finora esistente e includevano la possibilità di tarare i percorsi di risanamento sui singoli Paesi, in modo da tenere conto delle specificità e dei problemi contingenti di ciascuno ed evitare ingiuste penalizzazioni o l’adozione di misure procicliche. Inoltre, il pacchetto riservava alla Commissione un ampio potere discrezionale nella valutazione dei piani pluriennali dei singoli Paesi, consentendo così alla Commissione di svolgere un ruolo di coordinamento sovranazionale ed evitare che gli aggiustamenti di bilancio finissero per penalizzare la crescita dell’economia dell’UE. 

Purtroppo le proposte della Commissione sono state stravolte dal Consiglio, dove con il beneplacito di Meloni e del governo italiano hanno prevalso le posizioni dei Paesi nordici preoccupati non solo dell’eccessivo indebitamento, ma anche di limitare il più possibile la discrezionalità della Commissione. Sono quindi rispuntati nuovi e stringenti vincoli di riduzione sul debito e sul deficit che, oltre a rendere più gravosi gli aggiustamenti di bilancio, hanno reso il nuovo Patto di Stabilità addirittura più complesso di quello precedente. 

Sebbene durante il negoziato interistituzionale il Parlamento sia riuscito ad apportare qualche lieve modifica migliorativa, questa non è stata sufficiente a garantire quei margini di manovra necessari per affrontare le sfide di investimenti e di crescita e le sfide geopolitiche che l’Europa ha di fronte. Sono le sfide che in queste settimane Mario Draghi ha più volte ricordato nei suoi interventi. Non si può applaudire Draghi e poi fare finta di nulla quando ci sono da prendere delle decisioni. 

È stata persa un’occasione storica e rischiamo di pagare un prezzo molto alto nei prossimi anni in termini di crescita e competitività. Andavano individuati quindi nuovi ed efficaci strumenti per evitare che le priorità dell'UE su ambiente, sociale e digitale non restino solo sulla carta mi si trasformino in realtà.

Irene Tinagli