Nei Paesi sicuri individuati dal Governo italiano ci sono casi di persecuzione “ampiamente confermati” e per questo la Commissione europea deve verificare la compatibilità del decreto con le norme e criteri Ue. È quanto si chiede in un'interrogazione scritta, preparata dall'eurodeputato e membro della segreteria nazionale Pd Alessandro Zan insieme all'eurodeputata Cecilia Strada, e firmata dai parlamentari europei del Pd, Avs e M5S. Facendo seguito all'iniziativa comune di qualche tempo fa sul protocollo tra Italia e Albania, l'interrogazione mette in questione uno dei pilastri della strategia per le politiche migratorie del Governo Meloni e si aggiunge alla discussione in corso alla Camera dei Deputati in merito al Decreto Flussi.
“La lista – si legge nel testo dell'interrogazione - identifica un certo numero di Paesi di origine sicuri nel sistema giuridico italiano”, ma nelle schede tecniche pubblicate dalla stessa Farnesina è scritto nero su bianco che in alcuni di questi Paesi “ci sono casi ampiamente confermati di atti di persecuzione e/o gravi danni in specifiche parti del territorio o contro categorie di persone chiaramente identificabili”, dati ulteriormente confermati da altre organizzazioni e attori internazionali. La normativa italiana potrebbe contravvenire alle disposizioni della Convenzione di Ginevra, della Carta Europea per i Diritti Umani e agli stessi criteri per la designazione come stabiliti nella Direttiva europea 2013/32, e altresì dalla recente sentenza della Corte di Giustizia dell'UE del 4 ottobre.
Quindi gli eurodeputati chiedono se l'elenco dei Paesi di origine sicuri identificati dall’Italia sia compatibile con le direttive europee in materia, se “il fatto che ci siano numerosi casi confermati di atti di persecuzione e/o gravi danni nei paesi designati come paesi di origine sicuri debba portare alla rimozione di quei paesi dall'elenco nazionale dei paesi terzi sicuri” e, infine, l'opinione della Commissione in merito a una riesamina dell’elenco.