Con 318 voti contrari, 278 a favore e 31 astenuti, il Parlamento europeo ha rigettato il mandato per avviare le negoziazioni con il Consiglio sulla riforma del copyright. Si è persa purtroppo una grande occasione, quella innanzitutto di non lasciarsi intimidire da una massiccia campagna di disinformazione orchestrata sapientemente e finanziata da questi grandi gruppi per difendere lo status quo dietro la scusa di difendere la libertà degli utenti. Ma soprattutto - continuano i due eurodeputati PD - l’occasione unica che rischia di non ripresentarsi più in questa legislatura di riconoscere il valore morale e economico del lavoro intellettuale e creativo e il principio di giusta remunerazione per artisti e creativi.
Il testo respinto dal Parlamento, che tornerà in discussione alla prossima Plenaria di settembre con potenziali rischi di peggioramento, avrebbe chiarito una volta per tutte la responsabilità di quelle piattaforme online che, memorizzando, indicizzando, e quindi sfruttando commercialmente il materiale coperto da copyright, fanno ingenti guadagni col lavoro altrui, senza essere minimamente obbligati a stipulare contratti di licenza coi titolari di diritti, trincerandosi dietro l’esenzione di responsabilità riconosciuta da una normativa obsoleta di ben diciotto anni fa.
E’ stato rigettato il nuovo diritto per gli editori di giornali di poter richiedere una giusta remunerazione ai fornitori di servizi online che, facendo uso delle loro pubblicazioni in formato digitale, intercettano e interrompono il fisiologico flusso di click e quindi di risorse provenienti da pubblicità. Nulla di eversivo, si parla dello stesso diritto di cui, ad oggi, godono i produttori di altri settori creativi (musica, cinema e broadcaster).
Ci rammarica il fatto che sia passata la bugia della link tax, quando nel testo è chiaramente scritto che i singoli utenti non sono toccati dalla normativa perché non agiscono a fine commerciali e quindi possono continuare a condividere i link. La protesta assurda inscenata da Wikipedia - che ricordiamo era espressamente esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva - evidentemente ha centrato l’obiettivo.
Il rischio censura per noi è qualcosa di inconcepibile perché ci siamo battuti affinché nel testo si facesse esplicito divieto di qualsiasi monitoraggio generale dei contenuti caricati dagli utenti. Anzi, era stato formalizzato l’obbligo di collaborazione tra piattaforme e titolari di diritti nell’individuazione di materiale illecito e nell’attuazione delle misure più adeguate, che comunque avrebbero dovuto rispettare il criterio di proporzionalità. Come avviene esattamente anche oggi, non era certo questa la novità.
Unanimemente il mondo della cultura chiede, giustamente, risposte concrete a noi legislatori e non si meritano un dibattito viziato da fake news e palesi falsità.
Vigileremo ora affinché non si ricominci tutto daccapo e cercheremo di trovare una formulazione che chiarisca in modo più esplicito che la libertà della rete, le nostre abitudini, non sono in pericolo e che l’obiettivo di questa riforma è solo quello di garantire il rispetto del principio base del Copyright: ogni autore ha il pieno diritto sull’opera da lui creata e di vivere del proprio lavoro di giornalista, musicista, o creatore, anche nel mondo digitale. Tutto questo non può essere un lusso.