La crisi in Libia, le proteste democratiche in Bielorussia, l’aggressività ottomana di Erdogan nel Mediteranno e le costanti violazioni dei diritti umani in Egitto sono tutti segnali d’allarme. E l’Europa?
Esistono due Europe: quella concreta del Recovery Fund che agisce, media e trova soluzioni e quella puerile e timida che si limita ad emanare vuoti proclami.
A luglio abbiamo salutato il cambio di rotta dell’Unione con la presentazione del Recovery Fund.
In quell’occasione l’Europa ha dimostrato di esserci: in pochi mesi, l’Ue ha fatto più passi avanti che in diversi anni.
Dopo un’estate turbolenta ai nostri confini comuni, l’Unione si trova nuovamente di fronte a un bivio. La crisi in Libia, le proteste democratiche in Bielorussia, l’aggressività ottomana di Erdogan nel Mediteranno e le costanti violazioni dei diritti umani in Egitto sono tutti segnali d’allarme. E l’Europa?
Esistono due Europe: quella concreta del Recovery Fund che agisce, media e trova soluzioni e quella puerile e timida che si limita ad emanare vuoti proclami. Dopo le prove di concretezza sul piano interno, ora l’Unione si trova a dover dimostrare la propria maturità anche sullo scacchiere internazionale, soprattutto nel nostro vicinato ove le divisioni interne, i diversi interessi degli Stati membri e la diffidenza dei governi nazionali a dare maggiore fiducia a Bruxelles hanno minato l’influenza europea lasciando spazio ad attori regionali con valori e obiettivi opposti ai nostri.
Questa settimana, durante i lavori del Parlamento europeo riunito in sessione plenaria a Bruxelles, abbiamo fatto sentire la nostra voce tramite due risoluzioni, votate a larga maggioranza, in cui abbiamo chiesto maggiori sforzi per risolvere le crisi nel Mediterraneo e in Bielorussia.
L’Europa non può aspirare ad avere un ruolo egemone nel senso novecentesco del termine. Allo stesso tempo però non possiamo lasciare che siano altri, che spesso ignorano i valori di democrazia e libertà, a determinare le sorti globali. Quale ruolo possiamo avere?
Il Cardinal Martini formulò un’idea molto attuale e calzante rispetto alla crisi del sistema internazionale: l’Europa può essere potenza di valori, un faro morale per tutte le popolazioni che lottano per i valori liberal-democratici che sono il fondamento dell’essere comune europeo.
L’Europa deve maturare difendendo i nostri concittadini greci e ciprioti dalle provocazioni della Turchia. Lo abbiamo scritto nella relazione: l’Europa non può essere la mediatrice fra Ankara e Atena. L’Europa è la Grecia e i greci sono europei. Un altro banco di prova sarà sicuramente la Bielorussia. L’Unione deve evitare la strumentalizzazione trasformando una lotta per la democrazia in un gioco geopolitico con Putin ma allo stesso tempo non possiamo lasciar soli i cittadini e le cittadine bielorussi. L’Europa applichi la stessa concretezza dell’agire adoperata per la crisi COVID e faccia sentire il nostro sostegno al coraggio di chi si oppone al regime di Lukashenko.