Nonostante le dure reazioni dei governi Ue e del Parlamento europeo, nonché l'annuncio dell'avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, il governo ungherese non è intenzionato a ritirare la legge.Ancora una volta, purtroppo, l'Ue si dimostra incapace di rispondere agli attacchi frontali ai diritti fondamentali, nonostante gli strumenti a sua disposizione.
All’ultimo vertice del Consiglio europeo, la questione dei diritti fondamentali in Ungheria, inizialmente non prevista in agenda, è diventata uno dei temi principali. Oggetto di discussione è stata la nuova legge ungherese che paragona l’omosessualità alla pedofilia e vieta di affrontare temi legati all’identità sessuale in contesti pubblici frequentati da minori.
Nonostante le dure reazioni dei governi Ue e del Parlamento europeo, nonché l'annuncio dell'avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, il governo ungherese non è intenzionato a ritirare la legge.
Ancora una volta, purtroppo, l'Ue si dimostra incapace di rispondere agli attacchi frontali ai diritti fondamentali, nonostante gli strumenti a sua disposizione. Il più importante tra questi è la procedura dell’articolo 7 del trattato sull'Unione europea, che prevede sanzioni gravi che includono la sospensione del diritto di voto di un Paese. Nel 2018, il Parlamento ha attivato per la prima volta tale procedura nei confronti dell'Ungheria. Tuttavia, a causa del diritto di veto che hanno tutti i governi dell'Ue, le sanzioni sono state bloccate, seppur votate a maggioranza dal Parlamento.
Un altro strumento è il ‘meccanismo di condizionalità che vincola l’erogazione dei fondi europei al rispetto dei valori Ue. Per superare i veti di Polonia e Ungheria, gli altri governi europei hanno chiesto il parere della Corte di giustizia Ue prima di attivare il meccanismo. Dopo quasi sette mesi la Corte non si è ancora espressa e, di conseguenza, il meccanismo non è ancora stato attivato. L’ultimo strumento della ‘cassetta degli attrezzi’ è la relazione annuale sullo stato di diritto, il cui obiettivo è prevenire le violazioni con un monitoraggio costante della situazione nei Paesi Ue. Solo recentemente è stata presentata la prima relazione annuale ed è quindi ancora troppo presto per valutare la sua efficacia.
La discussione al vertice europeo non ha ancora portato risultati concreti ma, dopo anni di stalli, parrebbe indicare un cambio di rotta. Proprio in questi giorni, la Commissione europea sta valutando se sospendere i fondi del Recovery Fund destinati all’Ungheria.
La pandemia ha messo a dura prova le nostre istituzioni, ma ha anche reso possibile quello che fino a poco tempo fa si riteneva impossibile. Questo è il momento per dimostrare che, anche sui diritti, l’Europa è presente ed è pronta a difendere le persone più vulnerabili. Sarebbe un bel segnale con il quale ripartire.
Giuliano Pisapia