In Europa siamo ostaggio di governi illiberali e antidemocratici, che continuano a bloccare anche le misure minime che servirebbero per tutelare le donne e per non trasformare questa giornata soltanto nell'ennesima giornata di ricordo delle vittime.
Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 17 dicembre 1999. Poco prima della fine di un secolo, definito da molti breve, di un millennio, e l'inizio di uno nuovo. In quella data, che ora sembra carica di senso, fu istituita la Giornata Internazionale dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne. Fu scelta la data del 25 novembre in onore delle sorelle Mirabal, oppositrici del regime della Repubblica Domenicana più o meno a metà di quel secolo breve, in quella bellissima parte del continente americano funestato da dittature e violenze di ogni genere.
Nessuno forse avrebbe mai immaginato in quell'Assemblea che oltre vent'anni dopo, in un nuovo secolo, in un nuovo millennio, avremmo ricordato il 25 novembre con frustrazione, con un senso di impotenza, guardandoci alle spalle per verificare quanta poca strada abbiamo percorso. Poca strada è stata fatta, bisogna ammetterlo con franchezza.
Quasi giusto nel mezzo di questi 20 anni, la Convenzione di Istanbul. Ora la richiesta di una direttiva specifica sulla violenza di genere. Passi in avanti, specie in sede normativa, nazionale come comunitaria, pur tra mille difficoltà ancora esistenti che vanno abbattute velocemente. Perché in Europa siamo ostaggio di governi illiberali e antidemocratici, che continuano a bloccare anche le misure minime che servirebbero per tutelare le donne e per non trasformare questa giornata soltanto nell'ennesima giornata di ricordo delle vittime. Sulla ratifica della Convenzione, nonostante il parere della Corte di Giustizia chiarisca che basta la maggioranza qualificata per procedere, nulla si muove. Potrebbero ratificarla domani se volessero, in Consiglio.
La Commissione per questo ci ha promesso una direttiva, che arriverà entro la fine dell’anno o forse all’inizio del prossimo. Ma sarà ancora una dura battaglia, lo sappiamo già. Lunga e piena di difficoltà, che vengono sempre dai soliti noti: governi di estrema destra e illiberali, da chi ha parola difende sempre le donne, ma nei fatti non alza un dito per difenderle.
Ma oltre a questo, manca ancora molto altro, manca ancora troppo. Mancano soprattutto gli uomini, o meglio, i maschi. Manca una cultura definitivamente post-patriarcale. Mancano le Tv, i giornali, le scuole, le trasmissioni sportive, i partiti, i sindacati, le istituzioni. Manca la parola, ed è forse l'unica assente giustificata dopo le tante dette negli ultimi vent'anni.
Speriamo di scrivere per il prossimo anno con un carico di vittime e di violenze meno pesante. Ugualmente insopportabile, ma almeno meno pesante. Con qualche donna in meno lasciata sola a fare i conti con i propri ematomi e le proprie cicatrici, con qualche figlio in meno a piangere la morte della propria madre per mano di un padre. Se così non fosse, sarebbe preferibile un indegno silenzio.
Pina Picierno